(Senza titolo)

(11 ottobre 2023)

Quando c’è un nuovo incendio di orrore nel mondo (un orrore in più, che si aggiunge a tutti gli altri già esistenti da sempre) mi chiedo che senso abbia stare qui a condividere poesie. Davvero: che senso ha?
Ma stasera ho letto questa poesia (grazie alla mia cara amica E.B.) che parla di “un ritmo di pace”. Una briciola di speranza è meglio di un vuoto di speranza, quindi:

 

Creare la pace
 
Una voce dal buio gridò,
“I poeti devono donarci
immaginazione di pace, per scacciare la violenta, consueta
immaginazione del disastro. Pace, non solo
l’assenza di guerra”.
Ma la pace, come una poesia,
non esiste prima di esserci,
non si può immaginare prima che sia creata,
non si può conoscere se non
nelle parole di cui è fatta,
grammatica di giustizia,
sintassi di mutuo soccorso.
Un’ impressione,
la vaga intuizione di un ritmo, è tutto quello che abbiamo
finché non cominciamo a pronunciarne le metafore,
a scoprirle mentre parliamo.
Un verso di pace potrebbe forse
nascere
se riformuliamo la frase della nostra esistenza,
cancelliamo la sua riaffermazione di profitto e potere,
mettiamo in discussione i nostri bisogni, ci prendiamo
lunghe pause . . .
Un ritmo di pace potrebbe forse reggersi
su quel fulcro diverso; la pace, una presenza,
un campo di forza più intenso della guerra,
potrebbe allora palpitare,
strofa dopo strofa nel mondo,
ogni gesto di vita
una sua parola, ogni parola
un fremito di luce – facce
del cristallo che si va formando.
 

Denise Levertov (1923-1997), da Respirare l’acqua in Alle isole via terra, Crocetti Editore, maggio 2023

Ssst!

(zittizitti… silenzio…)

***

Complicità

Sul  rametto più alto del giovane albero,
una foglia scura, secca, solitaria, rimasta
dall’inverno, tra le nuove piccole gemme.
Ma volge il capo!
                                                     È un colibrì,
che riposa tranquillo, si prende una pausa
dal mondo veloce e frenetico dei colibrì –
e tuttavia guardingo. Rivolge al giorno
un lungo sguardo furtivo,
come un bambino il cui nascondiglio
non è stato scoperto, di cui non si è neppure
notata l’assenza. Niente paura.
Ho visto

una foglia: non ti tradirò.

Denise Levertov, da  Alle isole via terra. Poesie 1946-1999, traduzione di Paola Splendore, Crocetti Editore, 2003

°ascoltando  B.B. King – Hummingbirdhttps://www.youtube.com/watch?v=caLs_YaCWYU&t=5s

Lascia che sia

lasciascorrere

Lascia che sia: lascia che scorrano le domande e  le non risposte (che poi sono anche risposte), i giorni e i non giorni (che pure sono giorni). Non so se opporsi sia utile. Che dici tu?

Un dono

Ci sono momenti in cui non ti senti
d’essere altro che un fragile groviglio
di domande, proprio allora, altrui domande
vengono poste nelle tue mani vuote,
come uova di uccelli canori, pronte a dischiudersi
se tenute al caldo,
ali di farfalla si aprono e si chiudono
nell’incavo delle tue mani, fiduciose che rispetterai
la polvere delle loro membrane scintillanti.
Le domande degli altri ti vengono date
come risposta
a quanto chiedevi. Sì, forse
questo dono è la tua risposta.

Denise Levertov, in Oltre la fine e altre poesie, traduzione di Liliana Casati, Le lettere.

 

Epitaffio

Non abusare delle parole
non prestar loro
troppa attenzione.
Succede semplicemente che
tutto è finito
sono finita anch’io?
Una forza
una onesta passione e una voglia
una voglia volgare di proseguire.

Nient’altro che questo.

Idea Vilariño, testo e traduzione dal web

*ascoltando The Beatles –  Let it Be https://www.youtube.com/watch?v=2xDzVZcqtYI

 

Oggetti

oggettiOggetti: se sono troppi rischiano a volte di soffocarci;  pochi invece sanno tenerci compagnia: sono quelli firmati, sì, ma firmati dalla nostra memoria, dalla nostra vita. Con alcuni, per metterli via (e lasciare spazio ad altro), ci vorrà la spinta fortissima del coraggio.

 

Piegando una camicia

Piegando una camicia una donna
si ferma un attimo, ricorda
il calore di un corpo, le sue mani attente

posate su una manica ricordano
un gesto, una carezza;
si appoggia alla parete della cucina,
cercando parole d’amore,
trova solo un’eco di paura
che invade la casa.

Piega vestiti e paura,
ma non il desiderio e
il silenzio non le risponde.

Ripone di malavoglia
pane, vino, posate,
sistema il letto degli amanti,

mentre la lama del tempo, senza esitazione
recide le ore passate,
ordinari rituali di vita.

Denise Levertov, da Prime poesie e poesie sparse, Londra, 1946, in Oltre la fine e altre poesie, traduzione di Liliana casati, ed. Le Lettere.

 

Le cose

Le monete, il bastone, il portachiavi,
la pronta serratura, i tardi appunti
che non potranno leggere i miei scarsi
giorni, le carte da gioco e gli scacchi,
un libro e tra le pagine appassita
la viola, monumento d’una sera
di certo inobliabile e obliata,
il rosso specchio a occidente in cui arde
illusoria un’aurora. Quante cose,
atlanti, lime, soglie, coppe, chiodi,
ci servono come taciti schiavi,
senza sguardo, stranamente segrete!
Dureranno piú in là del nostro oblio;
non sapran mai che ce ne siamo andati.

Jorge Luis Borges, da Le più belle poesie, a cura di F. Tentori Montalto, Crocetti Editore.

 

Fra tutti gli oggetti

Fra tutti gli oggetti i più cari
Sono per me quelli usati.
Storti agli orli e ammaccati, i recipienti di rame,
I coltelli e forchette che hanno di legno i manici,
Lucidi per tante mani: simili forme
Mi paiono tutte le più nobili. Come le lastre di pietra
Intorno a case antiche, da tanti passi lise, levigate,
E fra cui crescono erbe, codesti
Sono oggetti felici.
Penetrati nell’uso di molti,
Spesso mutati, migliorano forma, si fanno
Preziosi perché tante volte apprezzati.
Persino i frammenti delle sculture,
Con quelle loro mani mozze, li amo. Anche quelle,
Vissero per me. Lasciate cadere, ma pure portate;
Travolte sì, ma perché non troppo in alto stavano.
Le costruzioni quasi in rovina
Hanno l’aspetto di progetti
Incompiuti, grandiosi; le loro belle misure
Si possono già indovinare; non hanno bisogno
Ancora della nostra comprensione. E poi
Han già servito, sono persino superate. Tutto
Questo mi fa felice.

Bertolt Brecht, in Poesie e canzoni, a cura di Ruth Leiser e Franco Fortini.

*Quale musica? (mica facile questa volta! si accettano suggerimenti…) Luciano Ligabue – Ho messo via  (anche nella versione cantata da Elisa https://www.youtube.com/watch?v=1t3jd504BKY); Enrico Ruggeri – Oggetti smarriti https://www.youtube.com/watch?v=eGDT1namu64; e (attualissimo!) Giorgio Gaber – Gli oggetti https://www.youtube.com/watch?v=awId03k14FY