Fine delle domande

vfcl

Non risposta dopo non risposta finalmente, all’improvviso, la smetti di fare sempre le stesse domande. E, finalmente, hai la mente li-be-ra .
L’ultima domanda che ti fai è: come ho fatto a farmi rubare tanto tempo?
Un po’ come fa l’operaio di Prévert in questa poesia.

 

Il tempo perso

Sulla porta dell’officina
d’improvviso si ferma l’operaio
la bella giornata l’ha tirato per la giacca
e non appena volta lo sguardo
per osservare il sole
tutto rosso tutto tondo
sorridente nel suo cielo di piombo
fa l’occhiolino
familiarmente
Dimmi dunque compagno Sole
davvero non ti sembra
che sia un po’ da coglione
regalare una giornata come questa
ad un padrone?


Le temps perdu

Devant la porte de l’usine
le travailleur soudain s’arrête
le beau temps l’a tiré par la veste
et comme il se retourne
et regarde le soleil
tout rouge tout rond
souriant dans son ciel de plomb
il cligne de l’oeil
familièrement
Dis donc camarade Soleil
tu ne trouves pas
que c´est plutot con
de donner une journée pareille
à un patron?

Jacques Prévert (testo e traduzione dal web)

*ascoltando B. B. King – The Thrill Is Gone https://www.youtube.com/watch?v=4fk2prKnYnI

Sliding Doors

binari

Quante  Sliding Doors  hanno giocato con il passato  di ognuno? Quante dimensioni parallele si sono incrociate  in un solo momento inaspettato?

Vivere è stare infrangendo.
Una o l’altra legge.
Non ci sono alternative:
non infrangere niente è essere morto.
La realtà è infrazione.
La irrealtà anche.
E tra le due scorre un fiume di specchi
che non figurano in nessuna mappa.
In quel fiume le leggi si dissolvono,
ogni trasgressore diventa un altro specchio.

Roberto Juarroz, da Poesia Vertical

 

Un uomo e una donna
non si sono mai visti.
Vivono ben lontani l’uno dall’altro
in diverse città.
Un giorno leggono
la stessa pagina in uno stesso libro
nel medesimo tempo
e medesimo secondo
del primo minuto
della loro ultima ora
esattamente.

Jaques Prévert, da Poesie d’amore e libertà, Guanda Editore

 

A una passante

Ero per strada, in mezzo al suo clamore.
Esile e alta, in lutto, maestà di dolore,
una donna è passata. Con un gesto sovrano
l’orlo della sua veste sollevò con la mano.

Era agile e fiera, le sue gambe eran quelle
d’una scultura antica. Ossesso, istupidito,
bevevo nei suoi occhi vividi di tempesta
la dolcezza che incanta e il piacere che uccide.

Un lampo… e poi il buio!  ̶  Bellezza fuggitiva
che con un solo sguardo m’hai chiamato da morte,
non ti vedrò più dunque che al di là della vita,

che altrove, là, lontano  ̶  e tardi, e forse mai?
Tu ignori dove vado, io dove sei sparita;
so che t’avrei amata, e so che tu lo sai!

Charles Baudelaire, n. XCIII da Tableaux parisiens (Quadri di Parigi), da I fiori del male  e altre poesie, traduzione di Giovanni Raboni, Einaudi

* ascoltando Marillion – This Train Is My Life
https://www.youtube.com/watch?v=drM4PIFINsw

Catene

catene

La cosa difficile è riconoscerle, le nostre catene.

Catene

Giorno afoso, una cuccia e un cane alla catena.
Poco più in là una ciotola ricolma d’acqua.
Ma la catena è corta e il cane non ci arriva.
Aggiungiamo al quadretto ancora un elemento:
le nostre sono molto più lunghe
e meno visibili catene
che ci fanno passare accanto disinvolti.

Wislawa Szymborska, da Basta così, Milano, Adelphi, 2012.

 

Per te amore mio

Sono andato al mercato degli uccelli
E ho comprato uccelli
Per te
amore mio
Sono andato al mercato dei fiori
E ho comprato fiori
Per te amore mio
Sono andato al mercato di ferraglia
E ho comprato catene
Pesanti catene
Per te
amore mio
E poi sono andato al mercato degli schiavi
E t’ho cercata
Ma non ti ho trovata
amore mio.

Jaques Prévert, da Poesie d’amore e libertà.

 

Sono ostinate queste catene

Sono ostinate queste catene
il cuore mi fa molto male
quando cerco di spezzarle.
Libertà è ciò che voglio
ma ho vergogna anche solo a sperarla.
Sono certo di trovare in te
una ricchezza inestimabile.

Sono certo che tu
sei il mio amico migliore
ma non so liberarmi degli orpelli
che riempiono le mie stanze.
Sono avvolto in un sudario
di polvere e morte
che odio
ma stringo a me con amore.
Sono molti i miei debiti
gravi i miei errori
profonda e pesante la mia vergogna
ma quando vengo a chiedere il mio bene
tremo nel timore di essere esaudito.

Rabindranath Tagore, da Gitanjali, traduzione di Elvira Marinelli.

 

*Note e catene: Marillion – These Chains https://www.youtube.com/watch?v=DjLuzfsRuXE; Estra – Vieni https://www.youtube.com/watch?v=uj46s3ADnus  e Break the chain, https://www.youtube.com/watch?v=fL5N8rSy4CU la canzone/coreografia utilizzata per  campagna mondiale del One Billion Rising. Dance, Strike, Rise – Break the chain, organizzata dal team internazionale della scrittrice statunitense Eve Ensler  (nel 14 febbraio 2013) e coordinata a Trieste dal Centro antiviolenza goap.

Note da una poesia

vinilepoesia

Quando una poesia diventa una canzone.

Nel giardino dei salici


Fu là nei giardini dei salici che io e la mia amata ci incontrammo;
Ella passava là per i giardini con i suoi piccoli piedi di neve.
M’invitò a prendere amore così come veniva, come le foglie crescono sull’albero;
Ma io, giovane e sciocco, non volli ubbidire al suo invito.
Fu in un campo sui bordi del fiume che io e la mia amata ci arrestammo,
E lei posò la sua mano di neve sulla mia spalla inclinata.
M’invitò a prendere la vita così come veniva, come l’erba cresce sugli argini;
Ma io ero giovane e sciocco, e ora son pieno di lacrime.

William Butler Yeats, da Poesie, Mondadori, 1997, traduzione di Roberto Sanesi.

Poesia musicata da Angelo Branduardi nell’album Branduardi canta Yeats (dove mette in musica dieci poesie di William Butler Yeats, tradotte e adattate da Luisa Zappa; precedentemente Branduardi si era ispirato a una poesia di Sergej Esenin per il brano Confessioni di un malandrino).

 

Le foglie morte

Oh, vorrei tanto che anche tu ricordassi
i giorni felici del nostro amore.
Com’era più bella la vita.
E com’era più bruciante il sole.
Le foglie morte cadono a mucchi…
Vedi: non ho dimenticato.
Le foglie morte cadono a mucchi
come i ricordi, e i rimpianti
e il vento del nord porta via tutto
nella più fredda notte che dimentica.
Vedi: non ho dimenticato
la canzone che mi cantavi.

È una canzone che ci somiglia.
Tu che mi amavi
e io ti amavo.
E vivevamo, noi due, insieme
tu che mi amavi
io che ti amavo.
Ma la vita separa chi si ama
piano piano
senza nessun rumore
e il mare cancella sulla sabbia
i passi degli amanti divisi.

Le foglie morte cadono a mucchi
e come loro i ricordi, i rimpianti.
Ma il mio fedele e silenzioso amore
sorride ancora, dice grazie alla vita.
Ti amavo tanto, eri così bella.
Come potrei dimenticarti.
Com’era più bella la vita
e com’era più bruciante il sole.
Eri la mia più dolce amica…
Ma non ho ormai che rimpianti.
E la canzone che tu cantavi
la sentirò per sempre 

È una canzone che ci somiglia. 
Tu che mi amavi
e io ti amavo.
E vivevamo, noi due, insieme
tu che mi amavi
io che ti amavo.
Ma la vita separa chi si ama
piano piano
senza nessun rumore
e il mare cancella sulla sabbia
i passi degli amanti divisi.

Jacques Prevert, da Le foglie morte, Guanda, 2004,  traduzione e cura di Maurizio Cucchi.

Poesia musicata da Joseph Kosma e cantata prima da Yves Montand (nel film Les portes de la nuit) e poi da tantissimi altri.

*ascoltando: Angelo Branduardi – Nel giardino dei salici https://www.youtube.com/watch?v=DOr_RooeNWk; Ives Montand – Les Feuilles Mortes https://www.youtube.com/watch?v=JWfsp8kwJto; Eva kassidy – Autumn Leaves https://www.youtube.com/watch?v=xXBNlApwh0c; Eric Clapton – Autumn Leaves; https://www.youtube.com/watch?v=UQlFOX0YKlQ; Miles Davis – Autumn Leaves https://www.youtube.com/watch?v=rsz6TE6t7-A

“Non lasciarci morire assiderati…”

emofionifuoco

Le emozioni tiepide si possono ancora definire emozioni? Moderate passioni (riferito a tutte le passioni, non solo all’amore) è un accostamento possibile o inaccettabile?

Mi serve e non mi serve

La speranza così dolce
così pulita così triste
la promessa così  lieve
non mi serve

non mi serve così mite
la speranza

la rabbia così docile
così debole così umile
l’ira così prudente
non mi serve

non mi serve così saggia
tanta rabbia

il grido così giusto
se il tempo lo permette
l’urlo accurato
non mi serve

non mi serve così buono
un gran tuono

il coraggio così docile
la fierezza così inconsistente
la sfrontatezza così lenta
non mi serve

non mi serve così fredda
l’audacia

mi serve, sì, la vita
che è vita fino a morirne
il cuore allerta
sì, mi serve

mi serve quando avanza
la fiducia

mi serve il tuo sguardo
che è generoso e deciso
e il tuo silenzio schietto
sì mi serve

mi serve la misura
della tua vita

mi serve il tuo futuro
che è un presente libero
e la tua lotta di sempre
sì, mi serve

mi serve la tua battaglia
senza medaglia

mi serve la modestia
del tuo orgoglio possibile
e la tua mano sicura
sì, mi serve

mi serve il tuo sentiero
compañero.

Mario Benedetti (Mario Orlando Hamlet Hardy Brenno Benedetti-Farugia, Paso de los Toros, 1920 – Montevideo, 2009), testo dal web,  traduzione di Annalisa Melandri.

 

Questo amore

Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
Cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gioioso
Così irrisorio
Tremante di paura come un bambino quando è buio
Così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo amore che faceva paura
Agli altri
E li faceva parlare e impallidire
Questo amore tenuto d’occhio
Perché noi lo tenevamo d’occhio
Braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Perché noi l’abbiamo braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
Questo amore tutt’intero
Così vivo ancora
E baciato dal sole
È il tuo amore
È il mio amore
È quel che è stato
Questa cosa sempre nuova
Che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda viva come l’estate
Sia tu che io possiamo
Andare e tornare possiamo
Dimenticare
E poi riaddormentarci
Svegliarci soffrire invecchiare
Addormentarci ancora
Sognarci della morte
Ringiovanire
E svegli sorridere ridere
Il nostro amore non si muove
Testardo come un mulo
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Stupido come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
Ci parla senza dire
E io l’ascolto tremando
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me per tutti quelli che si amano
E che si sono amati
Oh sì gli grido
Per te per me per tutti gli altri
Che non conosco
Resta dove sei
Non andartene via
Resta dov’eri un tempo
Resta dove sei
Non muoverti
Non te ne andare
Noi che siamo amati noi t’abbiamo
Dimenticato
Tu non dimenticarci
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci morire assiderati
Lontano sempre più lontano
Dove tu vuoi
Dacci un segno di vita
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvviso
Tendici la mano
Portaci in salvo.

Jaques Prévert, da Poesie d’amore e libertà, Guanda Editore.

*Si potrebbero ascoltare: Pink Floyd – Shine on You Crazy Diamond; Survivor –  Eye of the Tiger; Vasco Rossi – Vivere o niente.

Lista delle cose da fare: 10 – rompere le righe!

“Neanch’io sono domato, neanche un po’ – anch’io sono intraducibile,
emetto il mio barbarico urlo sopra i tetti del mondo”. Walt Whitman

vigna

Rompiamo le righe  (se siamo sicuri di non fare del male a nessuno)! Rompiamo le righe dettate dalle convenzioni, dal conformismo, dalle abitudini soffocanti, dalle ipocrisie e da tutte le mode.
Viva la libertà!

L’asino della classe

Dice no con la testa
ma dice sì con il cuore
dice sì a ciò che ama
dice no al professore
è in piedi
lo interrogano
e tutti i problemi sono posti
d’improvviso gli prende la ridarella
e cancella tutto
i numeri e le parole
le date e i nomi
le frasi e i tranelli
e malgrado le minacce del maestro
tra le urla dei ragazzi prodigio
con gessi di tutti i colori
sulla lavagna dell’infelicità
disegna il volto della felicità.

Jaques Prévert, in Poesie d’amore e libertà, Guanda Editore.

 

Non ti salvare

Non rimanere immobile
sull’orlo della strada
non raffreddare la gioia
non amare indolente
non ti salvare ora
né mai

non ti salvare
non riempirti di calma
non tenerti del mondo
solo un angolo quieto

non chiudere le palpebre
pese come sentenze
non restare senza labbra
non dormire senza sonno
non pensare senza sangue

ma se

malgrado tutto
non lo puoi evitare
e raffreddi la gioia
e ami con indolenza
e ancora ti salvi
e ti riempi di calma
e ti tieni del mondo
solo un angolo quieto
e lasci cadere le palpebre
pese come sentenze
e ti asciughi senza labbra
e dormi senza sonno
e pensi senza sangue
e giudichi senza tempo
e immobile ti fermi
sull’orlo della strada
e ti salvi

allora
non restare con me.

Mario Benedetti,  Poemas de otros (1973-1974), in Mario Benedetti, Inventario, Le Lettere, traduzione di Martha L. Canfeld.

 

Mio malgrado…

Assunto mio malgrado nella fabbrica delle idee
mi sono rifiutato di timbrare il cartellino.
Mobilitato altresì nell’esercito delle idee
ho disertato.
Non ho mai capito granché.
Non c’è mai granché
né piccolo che.
C’è altro.
Altro
vuol dire che amo chi mi piace
e ció che faccio.

Jaques Prévert, testo e traduzione dal web.

 

E se non puoi la vita che desideri

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco dissennato degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.

Costantino Kavafis, in Settantacinque poesie, traduzione di Nelo Risi e Margherita Dalmati, Einaudi

* ascoltando:  Cat Stevens – If You Want To Sing Out, Sing Out; Queen – Innuendo; di Edoardo Bennato In fila per tre  e Venderò.

papaveripazzi

 

Lista delle cose da fare: 9 – alzare lo sguardo e guardare gli alberi

“Parla ascolta rispondimi
ciò che dice il tuono
lo comprende il bosco”
Octavio Paz, da Durata, IV,  in Salamandra (in Il fuoco di ogni giorno).

alberi

 

Dicono che abbracciare gli alberi faccia bene al corpo e alla mente: l’energia positiva che se ne riceve pare possa anche aiutare a ridimensionare un po’ le ansie e i problemi… vale la pena tentare!

Ma anche solo alzare lo sguardo verso l’alto, ogni tanto, e provare a percepire il respiro lento di quei rami, verdi o spogli che siano, un po’ riesce a calmare (anche se lo sguardo  vorrebbe rimanere tenacemente attaccato al suolo… forse in cerca di soluzioni?).

 

Alberi

In gergo
la gente chiama foglie
orecchie
come se avvertisse che
conoscono la musica.
Ma la lingua verde degli alberi
è un ben più antico gergo.
Chi può sapere ciò che essi dicono
quando parlano agli uomini.
Gli alberi parlano albero
come i fanciulli parlano fanciullo.
Quando un figlio
di donna e d’uomo
rivolge la parola ad un albero
l’albero  risponde
il fanciullo capisce

Jaques Prévert, da Alberi, traduzione di Roberto Carifi, Guanda Editore.

 

Tante foreste

Tante foreste strappate alla terra
e massacrate
distrutte
rotativizzate

Tante foreste sacrificate per la pasta da carta
di miliardi di giornali che attirano annualmente l’attenzione dei lettori
sui pericoli del disboscamento delle selve e delle foreste.

Jaques Prévert, da Poesie, traduzione di G.D. Giaghi, Guanda Editore.

 

Cuore di legno

Il mio vicino di casa è robusto.
È un ippocastano di corso Re Umberto,
ha la mia età ma non la dimostra.
Alberga passeri e merli, e non ha vergogna,
in aprile, di spingere gemme e foglie,
fiori fragili a maggio,
a settembre ricci dalle spine innocue
con dentro lucide castagne tanniche.
È un impostore, ma ingenuo: vuole farsi credere
emulo del suo bravo fratello di montagna
signore di frutti dolci e di funghi preziosi.
Non vive bene. Gli calpestano le radici
i tram numero otto e diciannove
ogni cinque minuti; ne rimane intronato
e cresce, storto, come se volesse andarsene.
Anno per anno, succhia lenti veleni
dal sottosuolo saturo di metano;
è abbeverato d’orina di cani,
le rughe del suo sughero sono intasate
dalla polvere settica dei viali;
sotto la scorza pendono, crisalidi
morte, che non saranno mai farfalle.
Eppure, nel suo tardo cuore di legno
sente e gode il tornare delle stagioni.

Primo Levi, da Ad ora incerta, 1984, Garzanti.

 

Prossimo lontano

Ieri sera un frassino
sul punto di dirmi
qualcosa – tacque

Octavio Paz, da Versante Est (1962-1968), in Il fuoco di ogni giorno, traduzione di Ernesto Franco.

P.S. Metto qui sotto anche una mia poesia non perché mi ritenga “poeta” come gli scrittori sopracitati, ovviamente, ma perché davvero questa poesia l’ho “provata” e un po’ funziona (mi piacerebbe sapere se qualcuno ha avuto la stessa esperienza di consolazione…).

Guarda gli alberi

Ti seguono ovunque
quelle ombre di pensieri
assordanti
quella presenza di una vita
assente
quella sicura incertezza
nella mente, nel corpo.
Ma alza gli occhi, guarda gli alberi,
non è una moda
gli alberi sono anche tuoi
e tra i rami
il cielo
trattenuto delle foglie:
non cade  a novembre.
Alza gli occhi,
gli alberi  non  ti chiederanno cosa fai,
cosa sei diventato.

Irene Marchi,  da Fiori, mine e alcune domande, 2015, Sillabe di Sale Editore

*ascoltando: Jethro Tull – Songs From The Wood; John Butler Trio – Trees; Paul McCartney – Little Willow; The Cure – A Forest.

(ancora alberi da abbracciare, qui: https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/07/31/abbraccia-un-albero/)

alberid

 

Amore: spine e solchi nel cuore? (Seconda parte)

 

cet amourAncora per il tema ‘amore che (anche) ferisce’ cito questa volta il grande Jaques Prévert  (1900-1977).  L’amore è uno dei temi fondamentali di questo autore; in particolare egli considerava  l’amore (quello vero, libero, che non conosce mezze misure) come una potente forza rigeneratrice e vitale. Per Prévert l’amore è la scoperta che sconvolge l’esistenza e può liberare da un mondo di meschinità e volgarità. Così scrive in Questo amore: «Questo amore/ Così violento/ Così fragile/ Così tenero/ così disperato/ Questo amore/ Bello come il giorno/ Cattivo come il tempo/ Quando il tempo é cattivo/ Questo amore così vero/ […] Oh sì gli grido/ […]Non avevamo che te sulla terra/ Dacci un segno di vita/ […] Sorgi improvviso/ Tendici la mano/ Portaci in salvo»: amore che, nonostante i suoi aspetti contradditori, è visto come salvezza.

Nelle due poesie che cito qui, però, l’amore, per quanto bello, è visto soprattutto come fonte di sofferenza: quella di un cuore ferito, appunto (ma in Immenso e rosso, sopravvive ancora una speranza!).

Il tenero e rischioso volto dell’amore

Il tenero e rischioso
volto dell’amore
m’è apparso la sera
di un giorno troppo lungo
Forse era un arciere
con l’arco
o forse un musicista
con l’arpa
Io non so più
Io non so nulla
Tutto quel che so
è che m’ha ferita
forse con una freccia
forse con un canto
Tutto quel che so
è che m’ha ferita
e ferita al cuore
e per la vita
Scottante oh scottante
ferita dell’amore.

Immenso e rosso

Immenso e rosso
Sopra il grand Palais
Il sole d’inverno viene
E se ne va
Come lui il mio cuore sparirà
E tutto il mio sangue se ne andrà
Se ne andrà in cerca di te
Amore mio
Bellezza mia
E ti ritroverà
In qualunque posto tu stia.

Tratte da Poesie d’amore e libertà, Ugo Guanda Editore, Parma

 

*ascoltando Al Green – How Can You Mend A Broken Heart https://www.youtube.com/watch?v=UgAFcvIw8J4