Una delle 5 W

why

Why?

Vorrei sapere il perché
di ogni buio che ci annulla
e il perché
di ogni sguardo che non capisco
– il tuo, per esempio  –
vorrei sapere il perché
di troppi giorni,
ma dovrò accontentarmi di un chissà:

il perché, no,
non è di questo mondo.

©Irene Marchi 2019

*ascoltando Pink Floyd – It’s What We Do https://www.youtube.com/watch?v=6qYs5I_9D2U

Trovarli è difficile (i parcheggi e i perché dati in risposta. I secondi nemmeno a pagamento)

p di perché_modificato-1

Da bambini chiediamo insistentemente il perché di ogni cosa. Poi smettiamo di farlo: probabilmente capiamo che non esistono risposte certe (e talvolta nemmeno incerte). Oggi, per esempio, vorrei chiedere un altro perché? ma so già che non avrò mai una risposta e quindi… non lo chiedo.

L’oscurità

Non so dove vanno questi giorni miei
né dove mi portano queste notti.
Non so.

Non so il perché di questa fitta bruma
su tutte le attese,
né il perché del negletto disordine
su tutte le fatiche,
e nemmeno il perché dell’oblio mesto,
su quel che si è amato.

Nebbia.
Chi mi dirà stanotte cosa sono
i volti, le cose e i ricordi dei giorni passati?
E dove vanno questi giorni miei
E perché s’inebria il tenebroso cuore mio?
Dove? Perché?

Ivo Andrić, da Poesie scelte (Le Lettere, 2000), a cura di S. Šmitran

 

Perché

Ha bisogno di qualche ristoro
il mio buio cuore disperso

Negli incastri fangosi dei sassi
come un’erba di questa contrada
vuole tremare piano alla luce

Ma io non sono
nella fionda del tempo
che la scaglia dei sassi tarlati
dell’improvvisa strada
di guerra

Da quando
ha guardato nel viso
immortale del mondo
questo pazzo ha voluto sapere
cadendo nel labirinto
del suo cuore crucciato

Si è appiattito
come una rotaia
il mio cuore in ascoltazione
ma si scopriva a seguire
come una scia
una scomparsa navigazione

Guardo l’orizzonte
che si vaiola di crateri

Il mio cuore vuole illuminarsi
come questa notte
almeno di zampilli di razzi

Reggo il mio cuore
che s’incaverna
e schianta e rintrona
come un proiettile
nella pianura
ma non mi lascia
neanche un segno di volo

Il mio povero cuore
sbigottito
di non sapere.

Carsia Giulia 1916

Giuseppe Ungaretti, da L’allegria – Il porto sepolto

*ascoltando  Looking For An Answer [Live from the Hollywood Bowl 2017] – Linkin Park https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=labrkIEGxyA

Di parole, di poesia, di forse

parole poesie perché

Ancora queste domande (tra le tante che si potrebbero fare con perché e percome più urgenti e utili): perché scrivere? a che cosa serve la poesia?

Perché scrivi?

Perché il fantasma perché ieri perché oggi:
perché domani perché sì perché no
perché l’inizio perché la bestia perché la fine:
perché la pompa perché il mezzo perché il giardino

perché Góngora perché la terra perché il sole:
perché San Giovanni perché la luna perché Rimbaud
perché la luce perché il sangue perché la carta:
perché la carne perché l’inchiostro perché la pelle

perché la notte perché mi odio perché la luce:
perché l’inferno perché il cielo perché tu
perché quasi perché niente perché la sete

perché l’amore perché l’urlo perché non so
perché la morte perché solo perché più
perché un giorno perché tutti perché forse.

Óscar Hahn, (poeta cileno, nato a  Iquique nel 1938)

 

Nobiltà

La poesia è pallida e nobile.
Non cambia niente, non incurva colline, non
dà un solo frutto rosso, non
fa il rumore di chi strappa
un pezzo di pane per offrire
un pezzo di pane.
Si rannicchia in un angolo e
non si lamenta.
Vive in tutto ciò che si innalza
all’aria e dal nascere.
Non chiede nemmeno una visita.
Le basta quel che non è successo.

Juan Gelman (Buenos Aires 1930, Città del Messico 2014)

 

Parole? Sí, d’aria,
perdute nell’aria.
Lascia che mi perda tra le parole,
lascia che sia l’aria sulle labbra,
un soffio vagabondo senza contorni,
breve aroma che l’aria disperde.

Anche la luce si perde in se stessa.

Octavio Paz, da Libertà sulla parola, Guanda, 1965, traduzione di Giuseppe Bellini

 

Leggo poesie a caso,
leggo quasi senza pensare a quel che leggo.
Quando incontro un verso triste,
sento nell’anima come una carezza.
Non che mi conforti la tristezza altrui;
è che mi sento meno solo.

Ángel Gonzalez (1925-2008), da Nada grave, 2008

 

Scrivere per un tempo
in cui non ci saremo per nessuno,
e nel più favorevole dei casi
saremo una maschera incipriata
che imbelletta i libri di una qualche libreria.

Scrivere per un secolo, se arriva,
meno oscuro e ottuso di questo secolo.
Lasciare impressa la memoria:
carta, dischetti, vetro, ceramica smaltata,
ambra, quarzo o molecole di gas.

Far sì che le parole navighino al futuro
come se fossero barche di carta
sopravvissute al loro naufragio.

Scrivere se qualcuno, un qualche giorno,
avrà il medesimo dolore al cuore
o proverà una gioia di tal fatta.

Enrique Gracia Trinidad,  da Siempre tiempo, 1997,   traduzione di Gloria Bazzocchi

*ascoltando Santana – El Farol https://www.youtube.com/watch?v=9tqkQVXJgMc