Ah, parbleu!

 pippicalzelunghe

 

Com’è che si dice? Scusate il “francesismo”…?

Quando la poesia gioca (ma non troppo) con le parole di tutti i giorni.

Poesia per la posterità

Questa sera,
se scrivessi una poesia
per la posterità?
che bella idea, valà

mi sento sicuro di me
così alla posterità dico merda e rimerda
e ririmerda
bellamente imbrogliata
la posterità
che aspettava la sua poesia
ah ma

***

Poème pour la postérité

Ce soir,
si j’écrivais un poème
pour la postérité ?
fichtre
la belle idée
 
je me sens sûr de moi
j’y vas et à la postérité
j’y dis merde et remerde
et reremerde
drôlement feintée
la postérité
qui attendait son poème
 
ah mais

Raymond Queneau (1903-1976), da Pour un art poétique, nella raccolta L’Instant fatal (Gallimard, 1952)

♥ ascoltando Rino Gaetano – Gianna https://www.youtube.com/watch?v=D25DJorZ5cA

Esercizi di stile

bottoni tanti bei bottoni

Lo scrittore francese Raymond Queneau, in Exercices de style (Esercizi di stile,  pubblicati in prima edizione nel 1947),  scrisse novantanove versioni stilistiche differenti di uno stesso semplice episodio di vita quotidiana. Uno stesso fatto viene quindi rivisitato in novantanove modi differenti, ma l’episodio raccontato è comunque sempre lo stesso.

E questo, in fondo, non succede anche a noi, qualche volta? Non ti capita mai, infatti, di raccontarti  in modo diverso – va bene, sì, non proprio in novantanove modi diversi!– un fatto che ti riguarda e che proprio non ti piace ma, comunque tu lo rigiri e te lo racconti, quel fatto rimane sempre tale e quale? A me sì, è capitato: nonostante l’esercizio di stile, determinati fatti non sono cambiati per nulla…

Notazioni

      Sulla S, in un’ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi si butta. Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. È con un amico che gli dice: «Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito». Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perché.

Metaforicamente

  Nel cuore del giorno, gettato in un mucchio di sardine passeggere d’un coleottero dalla grossa corazza biancastra, un pollastro dal gran collo spiumato, di colpo arringò la più placida di quelle, e il suo linguaggio si librò nell’aria, umido di protesta. Poi, attirato da un vuoto, il volatile vi si precipitò. In un triste deserto urbano lo rividi il giorno stesso, che si faceva smoccicar l’arroganza da un qualunque bottone.

      

Modern Style

     Okey baby, se vuoi proprio saperlo. Mezzogiorno, autobus, in mezzo a una banda di rammolliti. Il più rammollito, una specie di suonato con un collo da strangolare con la cordicella che aveva intorno alla berretta. Un floscio incapace anche di fare il palo, che nel pigia-pigia, invece di dar di gomito e di tacco come un duro, piagnucola sul muso a un altro duro che dava di acceleratore sui suoi scarpini – tipi da colpire subito sotto la cintura e poi via, nel bidone della spazzatura. Baby, ti ho abituata male, ma ci sono anche ometti di questo tipo, beata te che non lo sai.
      Okey, il nostro fiuta l’uppercut e si butta a sbavare su un posto per mutilati, perché un altro rammollito se l’era filata come se arrivasse la Madama.
      Finis. Lo rivedo due ore dopo, mentre io tenevo duro sulla bagnarola, e che ti fa il paraplegico? Si fa mettere le mani addosso da un floscio della sua razza, che gli fiata sulla balconata una storia di bottoni su e giù che sembrava Novella Duemila.

 

Versi liberi

      L’autobus
      pieno
      il cuore
      vuoto
      il collo
      lungo
      il nastro
      a treccia
      i piedi
      piatti
      piatti e appiattiti
      il posto
      vuoto
      e l’inatteso incontro alla stazione dai mille fuochi spenti
      di quel cuore, di quel collo, di quel nastro, di quei piedi,
      di quel posto vuoto
      e di quel
      bottone.

Raymond Queneau (Le Havre, 1903-1976), da Esercizi di stile, traduzione di Umberto Eco, Einaudi

ascoltando  Led Zeppelin – The Song Remains the Same https://www.youtube.com/watch?v=dRnKvXqti6M

Oltre l’agguato

vabbè

Poesie che non si fanno prendere.

O buon dio del buon dio 

O buon dio del buon dio che voglia ho
di scrivere una piccola poesia.
Giusto adesso ne passa una.
Piccola piccola piccola
vieni qui che ti infilo
sul filo della collana delle mie altre poesie;
vieni qui che ti immetto
nel supercomplesso delle mie opere complete;
vieni qui che ti impappetto
e t’inrimo
e t’inliro
e t’impegaso
e t’inverso
e t’improso

porca vacca
se l’è data a gambe.

 

Bon dieu de bon dieu

Bon dieu de bon dieu que j’ai envie
d’écrire un petit poème
Tiens en voilà justement un qui passe
Petit petit petit
viens ici que je t’enfile
sur le fil du collier de mes autres poèmes
viens ici que je t’entube
dans le comprimé de mes œuvres complètes
viens ici que je t’enpapouète
et que je t’enrime
et que je t’enrythme
et que je t’enlyre
et que je t’enpégase
et que je t’enverse
et que je t’enprose

la vache
il a foutu le camp.

Raymond Quéneau (Le Havre, 1903- Parigi 1967), da L’instant fatal, 1948

*ascoltando Stevie Ray Vaughan – Scuttle Buttin’
https://www.youtube.com/watch?v=JHEVIWpX2XM

Ricette poetiche

purple

Tre etti di libertà e due di fantasia, un bicchiere di pioggia viola, una manciata di nuvole (meglio se quelle del tardo pomeriggio) e un pizzico di follia (meglio se inguaribile): mescola con leggerezza e fai lievitare le parole nell’aria.

 

Prendete una parola? prendetene due
fatele cuocere come se fossero uova
scaldatele a fuoco lento
versate la salsa enigmatica
spolverate con qualche stella
mettete pepe e fatele andare a vela.

Ora dove ve n’andrete?
A scriver davvero? A scriver?

Raymond Queneau (Le Havre, 1903 – Parigi, 1976), da Il cane con il mandolino, 1965

 

 

La materia della poesia

                                      Per Salah Stétié

C’è una sostanza delle cose che non
si perde quando le ali della bellezza
la toccano. La perdiamo di vista, talvolta,
girando gli angoli della vita; ma
lei ci insegue con il suo desiderio
di permanenza, e viene a contaminarci
con l’infezione divina di una febbre di
eternità. I poeti lavorano
questa materia. Le loro dita estraggono
il caso da dentro chi va
loro incontro, e sanno che l’improbabile
si trova nel cuore dell’istante,
nell’incrocio di sguardi che
la parola della poesia traduce. Leggo
ciò che scrivono; e dalla fiamma che
i loro versi alimentano si leva
un fumo che il cielo disperde, in
mezzo all’azzurro, lasciando appena un
eco di ciò che è essenziale, e permane.

Nuno Júdice, da La materia della poesia, 2015, traduzione Chiara De Luca, Ed. Kolibris

*ascoltando Peter Green – The Supernatural https://www.youtube.com/watch?v=YoasUjXBkm8

Anche un po’ d’ombra

ombra2

Ogni luce determina un’ombra.
E non è detto che la zona in ombra sia peggiore di quella illuminata.

L’ombra

Quanto meno
un’ombra
racconta
di una luce

Gianmaria Testa, da Da questa parte del mare, Einaudi, 2016

 

Ombra discesa
ombra partenza e tristezza
ombra malvenuta
ombra speranza e capriccio
ombra sul mare di serenità
ombra portata ai piedi dei picchi
ombra il tempo sconvolto
ombra colante lungo le rocce
ombra è l’ora determinata
ombra è la noia dopo lo choc
ombra è l’amore abbandonato
ombra la vita ombra la morte
ombra il giorno che ti ha visto nato
ombra la notte che ti vede morto
ombra il giorno ombra la notte
ombra la notte ombra il giorno
ombra è l’ombra di sempre
ombra è ogni essere che fugge

Raymond Queneau, da Poesia francese del novecento, Bompiani, 1985, traduzione di V. Accame.

*Ombra tra le note: Franco Battiato – L’ombra della luce https://www.youtube.com/watch?v=E8jo7DBxaos; Mike Oldfield – Moonlight Shadow https://www.youtube.com/watch?v=e80qhyovOnA .

ombra