Pensiamoci (non domani, adesso)!

foto 1

Fotografia di Saverio Colella, dal libro fotografico “Sia maledetto chi (butta immondizia nei prati)”, Brandizzo, 2021, realizzato dall’associazione MEMO – DOCUMENTI VISIVI – https://www.memodoc.org/

SIA MALEDETTO CHI – MEMO WEB 2021 (memodoc.org)

cover

poesia

Ormai siamo immersi nella plastica… pensiamoci!

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Sono davvero contenta e grata che le parole di questa mia poesia siano state accostate alle immagini del libro fotografico che appare nelle foto qui sopra. Il progetto è stato realizzato da MEMO – DOCUMENTI VISIVI (di Brandizzo, TO): un’associazione culturale senza fini di lucro che si propone il reperimento, la gestione e l’elaborazione di materiale visivo finalizzato alla realizzazione di progetti sul territorio che ne raccontino la storia, il tessuto sociale, l’ambiente seguendone i mutamenti. L’obiettivo di MEMO – DOCUMENTI VISIVI – è sensibilizzare su determinati temi (in questo caso l’inquinamento ambientale) cercando di realizzarlo attraverso laboratori didattici, installazioni visive, pubblicazioni, eventi aperti a tutti i cittadini (https://www.memodoc.org/).

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Il veleno, allʼimprovviso

Non pensiamo mai a nulla
e seminiamo rifiuti: che cʼè di male?
Fioriranno veleni
che lʼaria imbrogliata ci regalerà.
Ancora non penseremo a nulla
solo ci domanderemo
ma avremo ai piedi
scarpe di carbonio traspiranti–
da dove sia arrivato
questo strano mare di veleno.

Irene Marchi,  da Fiori, mine e alcune domande, 2015, Sillabe di sale Editore

No, aspetta un attimo…

b a s t a

È meglio tentare di dissolvere i pensieri invadenti, prima di dissolvere se stessi.
Sarà difficile ma non impossibile.

Insonnia

Non smette la mia mente
di ammucchiare rifiuti
che invadono me
la mia poesia
il mio universo
e non mi lasciano
prendere sonno.
Come fare
per estinguerli
per lavare la mente
e tornare alla pace?
Non ce la fa il pianto
né la preghiera
neppure tu.
È ora di emigrare
confondermi con la terra
e dissolvermi.

°°°

Insomnio

Sigue mi mente
hacinando desechos
que me invaden
invaden mi poesía
mi universo
y no me dejan
conciliar el sueño.
¿Qué puedo hacer
para extinguirlos
para lavar mi mente
y que vuelva la paz?
No lo consigue el llanto
ni la oración
ni tú.
Es hora de emigrar
de confundirme con la tierra
de esfumarme.

Claribel Alegría, da Voci, Samuele Editore, 2015, traduzione di Zingonia Zingone e Marina Benedetto

*ascoltando Leonard Cohen – Lullaby https://www.youtube.com/watch?v=VlwVu9_IvjM

Fuori tema n. 2: ancora un nuovo cellulare?!

Rifiuti

«Sul marciapiedi, avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia d’ieri aspettano il carro dello spazzaturaio. Non solo tubi di dentifricio schiacciati, lampadine fulminate, giornali, contenitori, materiali d’imballaggio, ma anche scaldabagni, enciclopedie, pianoforti, servizi di porcellana: più che dalle cose che vengono fabbricate vendute comprate, l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove. […] Dove portino ogni giorno il loro carico gli spazzaturai nessuno se lo chiede: fuori della città, certo; ma ogni anno la città s’espande, e gli immondezzai devono arretrare più lontano; l’imponenza del gettito aumenta e le cataste s’innalzano, si stratificano, si dispiegano su un perimetro più vasto. Aggiungi che più l’arte di Leonia eccelle nel fabbricare nuovi materiali, più la spazzatura migliora la sua sostanza, resiste al tempo, alle intemperie, a fermentazioni e combustioni. È una fortezza di rimasugli indistruttibili che circonda Leonia, la sovrasta da ogni lato come un acrocoro di montagne…» (da Italo Calvino, Le città invisibili)

Rifiuti

(I personaggi e la vicenda sono di fantasia, ma si riferiscono  a una realtà esistente: Agbogbloshie, in Ghana, è la più grande discarica al mondo di rifiuti elettronici. Qui arrivano, da tutto il mondo, cellulari, computer, televisori,  forni e frigoriferi,  lavastoviglie e lavatrici… ; vengono distrutti e bruciati, spesso con manodopera minorile e senza alcuna protezione, per recuperare rame e metalli preziosi poi rivenduti. Piombo, metalli pesanti e diossina vengono respirati continuamente oltre a depositarsi sulla merce del mercato poco distante dalla discarica. Circa 15 anni fa Agbogbloshie era una bellissima laguna).

Babu cammina a piedi nudi nel fango della discarica, tra frammenti di plastica e vetri rotti. Zoppica, la ferita di ieri gli fa sempre più male.  

Però oggi è felice.

In bocca nasconde un segreto prezioso: un piccolo animaletto di plastica, giallo e sorridente. Pensa sia un gatto; ne ha visto uno uguale quella volta che ha seguito suo fratello in città per vendere pezzi di  metallo e fili di rame: c’era un bambino bianco con quello stesso animale disegnato sulla maglietta.

Sì, oggi Babu è felice, ma non vuole parlare con nessuno, non può rischiare di far cadere dalla bocca quel tesoro. Per questo cerca di non farsi notare mentre raggiunge le bilance per far pesare il metallo che ha raccolto. Vuole evitare il fratello e il gruppo dei ragazzi più grandi che stanno bruciando una matassa di cavi vicino al fossato.
In mezzo a quel gruppo c’è anche suo cugino Bandele: continua a rovistare con i piedi nella melma schiumosa per recuperare i fili elettrici; tossisce in continuazione per il fumo dei roghi, ma tiene lo sguardo fisso nell’acqua e non si accorge di lui.
Babu gli vuole bene: Bandele non lo tratta male come fa suo fratello, ed è più simpatico dei bambini della sua età, quelli con cui deve lavorare ogni giorno. Decide che alla fine del turno gli  mostrerà il segreto che ora tiene in bocca.
Torna al suo posto e ricomincia a spaccare con una pietra le carcasse dei computer e dei telefoni ammassati davanti a lui. Cerca nella fanghiglia ogni piccolo pezzo di metallo e lo deposita nella sua scatola. In questo modo, proprio all’inizio del turno, ha trovato quel piccolo  gatto. Era attaccato con un laccio a un telefonino e completamente ricoperto di fango: si intravedeva solo il giallo di una zampa. Non ci ha pensato un attimo,  ha rotto il laccio e si è messo in bocca quel pezzo di plastica con tutto il fango.
A Babu interessa solo che nessuno se ne sia accorto: presto potrà tornare alla baracca e godersi in pace quella meraviglia.
Continua a spaccare i rifiuti e ogni tanto sputa l’animaletto in una mano per controllare se è ancora giallo.
È sempre più impaziente ed è contento quando sente arrivare il  vento della sera.
Gli viene in mente sua madre che poco distante sta vendendo la verdura al mercato: pensa che non le dirà nulla di quello che ha trovato tra i rifiuti. Come non le dirà nulla del taglio al piede, anche se fa tanto male, male da piangere.
Però continua a battere con la pietra: non si lascerà sfuggire un solo singhiozzo, deve proteggere il suo tesoro. In fondo manca pochissimo: presto il  vento della sera porterà anche il buio. E quasi sorride.
 

© Irene Marchi 2014

 

*ascoltando Gorillaz – Plastic Beach https://www.youtube.com/watch?v=9qhchE6rEZE

Seminiamo rifiuti

bottigliaplastica

Il veleno, all’improvviso

 

Non pensiamo mai a nulla
e seminiamo rifiuti: che cʼè di male?
Fioriranno veleni
che lʼaria imbrogliata ci regalerà.
Ancora non penseremo a nulla
solo ci domanderemo
̶̶  ma avremo ai piedi
scarpe di carbonio traspiranti  ̶
da dove sia arrivato
questo strano mare di veleno.

Irene Marchi, da Fiori, mine e alcune domande, Sillabe di Sale Editore, 2015