Il pensiero-volpe

Nel testo che segue, l’autore paragona l’arrivo del pensiero poetico all’incedere misterioso e inarrestabile di un animale selvatico.
Tu a che cosa paragoneresti l’ultima intuizione o idea creativa che ti ha fatto visita?

***

 

Immagino la foresta a mezzanotte:
qualcos’altro è vivo
oltre la solitudine dell’orologio
e questa pagina bianca dove si muovono le mie dita.

Non vedo stelle dalla finestra:
qualcosa di più prossimo
seppure più profondo nella tenebra
sta penetrando la solitudine:

freddo, delicatamente come la neve scura,
il naso di una volpe tocca un ramoscello, una foglia;
due occhi seguono in movimento che ora
e ora di nuovo, e ora, e ora

stampa nitide impronte sulla neve
fra gli alberi, e con cautela l’ombra distorta di un corpo
avanza lentamente presso un ceppo
e baldanzoso nel vuoto viene

attraverso radure, un occhio,
spalanca il suo profondo verde,
brillante, concentrato,
va intorno come niente fosse
finché, con guizzante caldo penetrante odore di volpe
entra nel buco nero della mente.

Ancora senza stelle è la finestra; l’orologio ticchetta,
la pagina è pronta.

Ted Hughes (Mytholmroyd, Regno Unito, 1930-1998), da Poesie, Mondadori, 2008,

°ascoltando Tangerine Dream – Tangramhttps://www.youtube.com/watch?v=iQpAJUZeIAY

Dolore o incertezza (o niente)?

Se fosse vero che scrivere guarisce,
per guarire da quale dolore o da quale incertezza
cominceresti a scrivere?
(E se invece fosse vero che scrivere non serve a niente?)

***

È la mano che interrompe la riga,
per impulso ancestrale e va daccapo?
Anche la mano avverte
che il tempo stringe e che non è più il caso
di farla lunga?

Dicono che si scrive per guarire.
Da che dolore? Non c’è più dolore,
solo incertezze
e non si sa a chi chiedere.

Anna Maria Carpi, da E non di sa a chi chiedere, Marcos y Marcos, 2020

°ascoltando Elliott Smith – Ballad Of Big Nothing – https://www.youtube.com/watch?v=iU9yMN1MCfY

Polpi, calamari o seppie?

… che cosa preferisci?

Li amo

Poeti
i misteriosi,
gli schietti,
una scatola cranica per elmo,
per scudo un velo di cellofan,
poeti,
queste specie, queste seppie
che si difendono
schizzando inchiostro.

Nina Cassian (Galati, 1924- New York 2014), da C’è modo e modo di sparire, Adelphi, 2013, traduzione di  A.N. Bernacchia e O. Fatica

°ascoltando Benjamin Britten – Peter Grimes: Four Sea Interludes 1. Dawn / Aubehttps://www.youtube.com/watch?v=N0kVZIQJABc

 

“Resta la carta”

Cimitero dei Burci - Parco Naturale Regionale del Fiume Sile – Casier (TV)

Cimitero dei Burci – Parco Naturale Regionale del Fiume Sile – Casier (TV)

La scrittura come mezzo per continuare a vivere e a viversi (giorno per giorno, nel presente), e perché rimanga qualcosa (domani): la nuda ossatura del proprio pensiero (o di una parte di esso). Mentre il resto, a poco a poco, sparisce.

(Questa poesia di Pierluigi Cappello di sicuro non sparisce ma resta, indimenticabile come gli altri suoi versi).

Resta la carta mentre mi dileguo
specchio di me ma che non è me stesso
rimedio oppure tedio quando intesso
trame di me scrivendomi e m’inseguo

Pierluigi Cappello (1967 Gemona del Friuli-2107), da Un prato in pendio, Rizzoli, 2018

 

*ascoltando Queen – Who Wants To Live Forever https://www.youtube.com/watch?v=_Jtpf8N5IDE

 

Di parole, di poesia, di forse

parole poesie perché

Ancora queste domande (tra le tante che si potrebbero fare con perché e percome più urgenti e utili): perché scrivere? a che cosa serve la poesia?

Perché scrivi?

Perché il fantasma perché ieri perché oggi:
perché domani perché sì perché no
perché l’inizio perché la bestia perché la fine:
perché la pompa perché il mezzo perché il giardino

perché Góngora perché la terra perché il sole:
perché San Giovanni perché la luna perché Rimbaud
perché la luce perché il sangue perché la carta:
perché la carne perché l’inchiostro perché la pelle

perché la notte perché mi odio perché la luce:
perché l’inferno perché il cielo perché tu
perché quasi perché niente perché la sete

perché l’amore perché l’urlo perché non so
perché la morte perché solo perché più
perché un giorno perché tutti perché forse.

Óscar Hahn, (poeta cileno, nato a  Iquique nel 1938)

 

Nobiltà

La poesia è pallida e nobile.
Non cambia niente, non incurva colline, non
dà un solo frutto rosso, non
fa il rumore di chi strappa
un pezzo di pane per offrire
un pezzo di pane.
Si rannicchia in un angolo e
non si lamenta.
Vive in tutto ciò che si innalza
all’aria e dal nascere.
Non chiede nemmeno una visita.
Le basta quel che non è successo.

Juan Gelman (Buenos Aires 1930, Città del Messico 2014)

 

Parole? Sí, d’aria,
perdute nell’aria.
Lascia che mi perda tra le parole,
lascia che sia l’aria sulle labbra,
un soffio vagabondo senza contorni,
breve aroma che l’aria disperde.

Anche la luce si perde in se stessa.

Octavio Paz, da Libertà sulla parola, Guanda, 1965, traduzione di Giuseppe Bellini

 

Leggo poesie a caso,
leggo quasi senza pensare a quel che leggo.
Quando incontro un verso triste,
sento nell’anima come una carezza.
Non che mi conforti la tristezza altrui;
è che mi sento meno solo.

Ángel Gonzalez (1925-2008), da Nada grave, 2008

 

Scrivere per un tempo
in cui non ci saremo per nessuno,
e nel più favorevole dei casi
saremo una maschera incipriata
che imbelletta i libri di una qualche libreria.

Scrivere per un secolo, se arriva,
meno oscuro e ottuso di questo secolo.
Lasciare impressa la memoria:
carta, dischetti, vetro, ceramica smaltata,
ambra, quarzo o molecole di gas.

Far sì che le parole navighino al futuro
come se fossero barche di carta
sopravvissute al loro naufragio.

Scrivere se qualcuno, un qualche giorno,
avrà il medesimo dolore al cuore
o proverà una gioia di tal fatta.

Enrique Gracia Trinidad,  da Siempre tiempo, 1997,   traduzione di Gloria Bazzocchi

*ascoltando Santana – El Farol https://www.youtube.com/watch?v=9tqkQVXJgMc