Ma così non vale!

 

gatti musi buffi      (Il tempo che scade ci coglie sempre e comunque di sorpresa)

Mentre il sole ti bacia
ti accarezzo poi
ecco una nuvola e anch’io
devo andare, tempo
scaduto.
– Tutto qua? è così corta
la felicità?

Vivian Lamarque, da Poesie per un gatto, Mondadori

♥ascoltando Lou Reed – There Is No Time https://www.youtube.com/watch?v=Ib1xnRPyKEQ

Giochi di parole (più o meno complessi)

Immagine dal sito instagram di MisterCaos (poeta di strada) @mister_caos

Immagine dal sito instagram di MisterCaos (poeta di strada) @mister_caos

Una settimana sarebbe troppo, ma un giorno enigmistico ci può stare.
Qui sotto due rebus di Vivian Lamarque (uno semplice – anche se la semplicità non è sempre una cosa semplice, come si legge nella foto – e uno più complesso).
Ma qual è il tuo gioco enigmistico preferito?

(A me non sono mai piaciuti molto, però mi incuriosiscono i disegni di “unisci i puntini”!).

Rebus facile (9,10)

Una testa con la corona
una elle apostrofata
una figura china a mettere tagliole:
RE L’AZIONE PERICOLOSA.

°°°

Rebus difficile (?,?,?,?)

Si vede un pollaio con dentro una gallina che ha paura
si vede una vecchia
una volpe
una donna con un fucile
qualcuno ha cancellato le lettere chiave
non si capisce bene il disegno
non si capisce chi è più in pericolo
se la gallina (le ali sbattono forte ha molta paura)
o la vecchia volpe (ha gli occhi furbi ma sta guardando il fucile)
non si capiscono bene le cifre
forse 5 2 3 3
se almeno tu mi aiutassi a capirci qualcosa
invece di far finta di niente.

Vivian Lamarque (Tesero 1946), da Poeti, in Poesie 1972-2002, Mondadori

(Per altri giochi di parole, qui: https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2016/07/12/giochiamo-neanche-troppo/)

*ascoltando uno che con le parole sapeva giocarci benissimo: Rino Gaetano – Ma il cielo è sempre più blu https://www.youtube.com/watch?v=89hKU3Ebi14 (e quanto mi piacerebbe che fosse ancora qui!).

“Oh che bel castello…”

in aria

I castelli in aria talvolta sono talmente solidi che sembra impossibile distruggerli.
Questo è un problema oppure no?

 

La signora del castello

Dentro dentro nel centro della testa aveva un castello in aria.
Il castello in aria aveva fondamenta?
Sì, di cemento armato. Le fondamenta del castello erano il cervello della signora.
La signora e il castello in aria erano dunque una cosa sola?
Sì, la signora e il castello in aria erano dunque una cosa sola.

Vivian Lamarque, da Poesie 1972-2002, ed. Arnoldo Mondadori, 2002

*ascoltando Litfiba – Fata Morgana https://www.youtube.com/watch?v=5viSeFb767o

(ancora di castelli in aria e miraggi: https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/12/05/attenti-a-fata-morgana/)

Gente che sogna

sogno

Due poesie che parlano di sogni (o, forse, ai sogni).

La visita

Dimmi ragazza implacabile chi
ti credi di affamare

con quel tuo eterno silenzio?
rifiuti di vedermi non

rispondi alle mie lettere né
al telefono eppure il mese scorso

per ben sei volte sei
entrata nei miei sogni e con una

luce incommensurabile hai
inondato il mio sonno le tue

visite sono meravigliose sei
più tenera più gaia di quanto

tu sia mai stata prima ritorna
ancora e ancora ragazza

implacabile torna il mio amore
ti sta aspettando.

James Laughlin (1914, Pittsburgh-1997, Norfolk), da Collected Poems of James Laughlin, traduzione dal web (https://cantosirene.blogspot.com/)

 

Il signore sognato

Splendidissima era la vita accanto a lui sognata.
Nel sogno tra tutte prediletta la chiamava.
E nella realtà?
La realtà non c’era, era abdicata.
Splendidissima regnava la vita immaginata.

Vivian Lamarque, da Il signore d’oro, Crocetti, 1986

 

*ascoltando John Lennon – No. 9 Dream  https://www.youtube.com/watch?v=E-rstOjonZU

(Ancora sui sogni:https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2018/03/30/andiamo-a-dormire/)

Nella nebbia

nonvedonienteeeeeeeeeee

Qualche mese fa. In autostrada, di notte, improvvisamente dentro a un banco di nebbia fittissima: ho pensato seriamente “non ne esco intera“. Detesto (un po’ come tutti) la nebbia che diventa un pericolo sulle strade. Ma, fuori dalle strade, la nebbia sa anche essere poetica. Intanto, vagare nella nebbia è un po’ una metafora della vita: vai avanti (perché, come in autostrada, non ti puoi fermare), ma non sai (non vedi) dove stai andando e speri che qualcosa non ti travolga all’improvviso, come speri di non andare tu addosso a nulla. Ogni tanto vedi più chiaramente, ma poi la nebbia ti riavvolge e avanti così tra banchi infiniti. Ma, metafore a parte,  questo senso di realtà ovattata, di suoni lenti, di sospensione del tempo ha qualcosa di magico. O no?

All’uscita del cinema Marcovaldo aprì gli occhi sulla via, tornò a chiuderli, a riaprirli, non vedeva niente. Assolutamente niente. Neanche a un palmo dal naso.
Nelle ore in cui era restato là dentro, la nebbia aveva invaso la città, una nebbia spessa, opaca, che involgeva le cose e i rumori, spiaccicava le distanze in un spazio senza dimensioni, mescolava le luci dentro il buio trasformandole in bagliori senza forma né luogo.
Marcovaldo si diresse macchinalmente alla fermata del 30 e sbatté il naso contro il palo del cartello. In quel momento, s’accorse d’essere felice: la nebbia, cancellando il mondo intorno, gli permetteva di conservare nei suoi occhi le visioni dello schermo panoramico. Anche il freddo era attutito, quasi che la città si fosse rincalzata addosso una nuvola come una coperta.
Marcovaldo, imbacuccato nel suo pastrano, si sentiva protetto da ogni sensazione esterna, liberato nel vuoto, e poteva colorare questo vuoto con le immagini dell’India, del Gange, della giungla, di Calcutta. Venne il tram, evanescente come un fantasma, scampanellando lentamente. Le cose esistevano appena quel tanto che basta; per Marcovaldo quella sera lo stare in fondo al tram, voltando la schiena agli altri passeggeri, fissando la notte fuori dai vetri, era la situazione perfetta per sognare a occhi aperti, per proiettare davanti a se un film ininterrotto su uno schermo sconfinato.

Italo Calvino, da Marcovaldo (Inverno – La fermata sbagliata), Einaudi, 1963

                                                               alla nebbia
Non alzarti polverosa nebbia
resta bassa così non svanire
come le bolle di sapone come
le persone usaci come alberi restaci
impigliata abbracciata come
alba come attak come
madre, stringici come un vestito
stretto portaci via nella tua
geografia polverosa nebbia
gesso nostro e nostro cancellino
su pagina bianca nostra delicata
matita mina punta fine fine 0,5?
H8 o 9? no non dirli a nessuno
i tuoi numeri segreti siamo sapiens
cattivi non li meritiamo.
 
P.S. scommetterei su una tua media
miopia, cinque virgola cinque
oppure sei, cara nebbia mia?

Vivian Lamarque, da Dedicate, in Madre d’inverno, 2016, Mondadori

 

C’è la nebbia che ci cancella

Nasce forse un fiume quassù

Ascolto il canto delle sirene
del lago dov’era la città

Giuseppe Ungaretti, da L’Allegria

*ascoltando  Van Morrison – Into The Mystic https://www.youtube.com/watch?v=syIUmrSJWAU
Ancora sulla nebbia: http://lapoesianonsimangia.myblog.it/2016/03/11/lista-delle-cose-5-accettare-la-nebbia/

Scivolati

scivolati]

«Non bisognerebbe lasciarci scivolare i giorni dalle mani» dico a mia figlia mentre guido. Lei mi guarda un po’ annoiata dall’alto della sua diciassettenne sicurezza di poter invece lasciare scivolare tutti i giorni che vuole. Intanto dall’autoradio  escono gli AC/DC con le ultime note di Highway to Hell e allora mi chiedo da dove diavolo mi sia arrivata questa considerazione sullo scivolare dei giorni.

Scialo di tesoro

Eppure in dono ce ne avevano assegnati tanti
così tanti, milioni di milioni di giorni
da sgranare, granaio colmo fino all’orlo
color oro, ogni chicco un giorno
con la sua alba il suo mezzogiorno
e serate e stellate e lune, più infinitesimali
sottochicchi di ore e ore e minuti,

scialo imperdonabile lasciarli scivolare
tutti a uno e a uno dalle dita dove come?
scivolati dove tutti quei cieli tutto
quell’oro? svanito dove in un batter
di ciglia tanto tesoro?

Vivian Lamarque, da  Ipotesi sul dimenticare, in Madre d’inverno, Mondadori, 2016

*(ri)ascoltando AC/DC – Highway to Hell
https://www.youtube.com/watch?v=l482T0yNkeo

Pagine vive

spaziopoesia

Non solo carta (con parole scritte sopra).

Coinquilina poesia

In un’anticamera, meno,
in un disimpegno, esiguo
ma con uso di finestrella
solo mia, abita la mia poesia.
Coinquilina poco prevedibile
quando lei decide (più se piove
che se non piove) io corro
a prendere gomma e matita
e il duetto ha inizio (più se cielo grigio
meno se azzurro), una dà il la
l’altra cancella e scrive
in punta di vita, lapsus volevo dire
in punta di matita.

Vivian Lamarque, da Coinquilina poesia, in Madre d’inverno, Mondadori, 2016

 

In effetti, ogni poesia

In effetti ogni poesia
potrebbe intitolarsi «Attimo».

Basta una frase
al presente,
al passato o perfino al futuro:

basta che qualsiasi cosa
portata dalle parole
stormisca, risplenda,
voli nell’aria, guizzi nell’acqua,
o anche conservi
un’apparente immutabilità,
ma con una mutevole ombra;

basta che si parli
di qualcuno
o di qualcuno accanto a qualcosa,

di Pierino che ha il gatto
o che non ce l’ha più;

o di altri Pierini
di gatti e non gatti
di altri sillabari

sfogliati dal vento;
basta che a portata di sguardo
l’autore metta montagne provvisorie
e valli caduche;

che in tal caso
accenni al cielo
solo in apparenza eterno e stabile;

che appaia sotto la mano che scrive
almeno un’unica cosa
chiamata cosa altrui;

che nero su bianco,
o almeno per supposizione
per una ragione importante o futile,
vengano messi punti interrogativi,
e in risposta –
i due punti:

Wislawa  Szymborska, da La gioia di scrivere – Tutte le poesie (1945-2009), traduzione di Pietro Marchesani, Adelphi Edizioni

 

Cambiare il mondo

Invece sì, invece forse sì,
le poesie lo cambieranno un poco
il mondo.
Però tra tanto
tanto di quel tempo
sì me lo sento
che dalle poesie verrà un poco
di cambiamento
ma come un nevicare lento lento lento.

Vivian Lamarque, da Coinquilina poesia, in Madre d’inverno, Mondadori, 2016

* ascoltando Stevie Ray Vaughan – Little Wing
 https://www.youtube.com/watch?v=An4uDegHB8s

Elettrocardiogrammi poetici

ritmi

Due minuti, 120 battiti (più o meno): il tempo di leggere alcune poesie che parlano del cuore (che, si sa, fa sempre quello che vuole).

Al mio cuore, di domenica

Ti ringrazio, cuore mio:
non ciondoli, ti dai da fare
senza lusinghe, senza premio,
per innata diligenza.
Hai settanta meriti al minuto.
Ogni tua sistole
è come spingere una barca
in mare aperto
per un viaggio intorno al mondo.
Ti ringrazio, cuore mio:
volta per volta
mi estrai dal tutto,
separata anche nel sonno.
Badi che sognando non trapassi in quel volo,
nel volo
per cui non occorrono le ali.
Ti ringrazio, cuore mio:
mi sono svegliata di nuovo
e benché sia domenica,
giorno di riposo,
sotto le costole
continua il solito viavai prefestivo.

Wisława Szymborska, La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009), Adelphi.

 

Il signore nel cuore

Le era entrato nel cuore.
Passando dalla strada degli occhi e delle orecchie le era entrato nel cuore.
E lì cosa faceva?
Stava.
Abitava il suo cuore come una casa.

Vivian Lamarque, da Vivian Lamarque – Poesie 1972-2002

 

Francis Turner

Io non potevo correre né giocare
quand’ero ragazzo.
Quando fui uomo, potei solo sorseggiare alla coppa,
non bere —
perché la scarlattina mi aveva lasciato il cuore malato.
Eppure giaccio qui
blandito da un segreto che solo Mary conosce:
c’è un giardino di acacie,
di catalpe e di pergole addolcite da viti —
là, in quel pomeriggio di giugno
al fianco di Mary —
mentre la baciavo con l’anima sulle labbra,
l’anima d’improvviso mi fuggí.

Edgar Lee Masters, traduzione di Fernanda Pivano, da Spoon River Anthology, Einaudi Editore, 1943

* ascoltando Un malato di cuore –  Fabrizio De Andrè https://www.youtube.com/watch?v=R4sqEWrn0DY

 

 

Poesie sui pattini

posie sui pattini

Se le poesie fossero persone, potremmo incontrare (proprio come accade tra le persone) poesie-persone che seguono un ritmo lento e poesie-persone che corrono veloci, inafferrabili, come su pattini invisibili. Nel gruppo di queste strane poesie viventi, troveremmo quelle chiarissime e semplici, ma anche quelle difficili da capire, poesie combattive e poesie ormai rassegnate;  ancora, potremmo incontrare poesie estroverse e pronte a coinvolgere molti lettori, ma anche  poesie timide, scritte per una sola persona: poesie un po’ imbarazzate, queste, che si vergognano se all’improvviso si rileggono in uno specchio. Ci sarebbe insomma un’umanità parallela fatta di parole: gìrati, guarda vicino a te se per caso non ti stia seguendo una poesia!

(Le poesie-persone riportate qui sotto sono di Vivian Lamarque)

Poesia illegittima

Quella sera che ho fatto l’amore
mentale con te
non sono stata prudente
dopo un po’ mi si è gonfiata la mente
sappi che due notti fa
con dolorose doglie
mi è nata una poesia illegittimamente
porterà solo il mio nome
ma ha la tua aria straniera ti somiglia
mentre non sospetti niente di niente
sappi che ti è nata una figlia.

 

Poesia malata

Ci deve essere un’epidemia
anche questa mia poesia appena nata
si è già bell’e malata.
Appena tu l’hai letta distaccatamente
senza fermarti e senza dirle niente
si è sentita girare un po’ la testa si è appoggiata
si è svestita si è messa a letto
dice che è malata.
Ha guardato un po’ le cose intorno distrattamente
poi ha chiuso gli occhi e non ha più detto niente
come Mimì finge di dormire
per poter con te sola restare
sta lì così melodrammaticamente
sta lì così senza dire niente
già così ridicola e disperata
appena appena nata.

Vivian Lamarque, da Poesie 1972-2002, Mondadori

*ascoltando  Neil Young – Words (Between the Lines of Age) https://www.youtube.com/watch?v=vE0-O0GvTVQ