Rimedi diversi

abcdefghi

Quale sarà il rimedio giusto?

Foglietto illustrativo

Sono un tranquillante,
Agisco in casa,
funziono in ufficio,
affronto gli esami,
mi presento all’udienza,
incollo con cura le tazze rotte –
devi solo prendermi,
farmi sciogliere sotto la lingua,
devi solo mandarmi giù
con un sorso d’acqua.

So come trattare l’infelicità,
come sopportare una cattiva notizia,
ridurre l’ingiustizia,
rischiarare l’assenza di Dio,
scegliere un bel cappellino da lutto.
Che cosa aspetti –
fidati della pietà chimica.

Sei un uomo (una donna) ancora giovane,
dovresti sistemarti in qualche modo.
Chi ha detto che la vita va vissuta con coraggio?

Consegnami il tuo abisso –
lo imbottirò di sonno.
Mi sarai grato (grata) per la caduta in piedi.

Vendimi la tua anima.
Un altro acquirente non capiterà.

Un altro diavolo non c’è più.

Wislawa Szymborska, da La gioia di scrivere – Tutte le poesie (1945-2009), traduzione di Pietro Marchesani

 

Scrivi, scrivi;
se soffri, adopera il tuo dolore:
prendilo in mano, toccalo,
maneggialo come un mattone,
un martello, un chiodo,
una corda, una lama;
un utensile, insomma.
Se sei pazzo, come certamente sei,
usa la tua pazzia: i fantasmi
che affollano la tua strada
usali come piume per farne materassi;
o come lenzuoli pregiati
per notti d’amore;
o come bandiere di sterminati
reggimenti di bersaglieri.

Giorgio Manganelli, da Poesie, Crocetti, 2006

*ascoltando Cat Stevens – Sad Lisa https://www.youtube.com/watch?v=2mn9cEJjJZE; Pink Floyd – Comfortably Numb https://www.youtube.com/watch?v=_FrOQC-zEog

Nulla ci è dovuto

ogniattimol'ultimo

Niente ci è dovuto. Nulla è così scontato come (non) pensiamo.

Disattenzione

Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.

Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.

Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.

Il mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle,
e io l’ho preso solo per uso ordinario.

Nessun come e perché –
e da dove è saltato fuori uno così –
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.

Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
oppure
(e qui un paragone che mi è mancato).

Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio.

Su un tavolo più giovane da una mano d’un giorno più giovane
il pane di ieri era tagliato diversamente.

Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.

La terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.

È durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.

Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.

Wislawa Szymborska, da La gioia di scrivere – Tutte le poesie (1945-2009), traduzione di Pietro Marchesani, Adelphi Edizioni

*ascoltando Jethro Tull – Bourée
https://www.youtube.com/watch?v=N2RNe2jwHE0

Non troppo azzurro

le nuvol

Un cielo completamente limpido è bello, certo, ma un cielo con le nuvole non sarà mai uguale a un altro.  Poi, a pensarci bene, un cielo tuttoazzurro ti fa quasi sentire in colpa, se non ti senti  azzurro come lui, mentre le nuvole ti consentono anche un po’ d’ombra.

Nuvole

Dovrei essere molto veloce
nel descrivere le nuvole –
già dopo una frazione di secondo
non sono più quelle, stanno diventando altre.
La loro caratteristica è
non ripetersi mai
in forme, sfumature, pose e disposizione.
Non gravate della memoria di nulla,
si librano senza sforzo sui fatti.
Ma quali testimoni di alcunché –
si disperdono all’istante da tutte le parti.
In confronto alle nuvole
la vita sembra solida,
pressoché duratura e quasi eterna.
Di fronte alle nuvole
perfino un sasso sembra un fratello
su cui si può contare,
loro invece sono solo cugine lontane e volubili.
Gli uomini esistano pure, se vogliono,
e poi uno dopo l’altro muoiano,
loro, le nuvole,
non hanno niente a che vedere
con tutta questa faccenda
molto strana.
Al di sopra di tutta la tua vita
e della mia, ancora incompleta,
sfilano fastose così come già sfilavano.
Non devono insieme a noi morire,
né devono essere viste per fluttuare.

Wislawa Szymborska, da La gioia di scrivere – Tutte le poesie (1945-2009), traduzione di Pietro Marchesani, Adelphi

*ascoltando  Pink Floyd – Obscured By Clouds https://www.youtube.com/watch?v=16V-wNwlTw0

Ancora sulle nuvole  http://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/10/01/sulle-nuvole-anzi-no-per-terra/   – http://lapoesianonsimangia.myblog.it/2016/03/09/lista-delle-cose-4-giocare-le-nuvole/

Attimi

attimi belli sempre

Nella vita di ognuno ci sono stati o ci saranno, prima o poi, degli attimi bellissimi. Rimarranno anche singoli attimi, appunto, ma ci terranno per sempre compagnia.

Attimo

Cammino sul pendio d’una collina verde.
Erba, tra l’erba fiori
come in un quadretto per bambini.
Il cielo annebbiato, già tinto d’azzurro.
La vista si distende in silenzio sui colli intorno.

Come se qui mai ci fossero stati cambriano e siluriano,
rocce ringhianti l’una all’altra,
abissi gonfiati,
notti fiammeggianti
e giorni nei turbini dell’oscurità.

Come se di qua non si fossero spostate le pianure
in preda a febbri maligne,
brividi glaciali.

Come se solo altrove fossero ribolliti i mari
e si fossero rotte le sponde degli orizzonti.

Sono le nove e trenta, ora locale.
Tutto è al suo posto e in garbata concordia.
Nella valletta un piccolo torrente in quanto tale.
Un sentiero in forma di sentiero da sempre a sempre.
Un bosco dal sembiante di bosco pei secoli dei secoli, amen,
e in alto uccelli in volo nel ruolo di uccelli in volo.

Fin dove si stende la vista, qui regna l’attimo.
Uno di quegli attimi terreni
che sono pregati di durare.

Wislawa Szymborska, da Attimo (2002), in La gioia di scrivere – Tutte le poesie (1945-2009), traduzione di Pietro Marchesani, Adelphi Editore

 * ascoltando Nick Drake – From The Morning https://www.youtube.com/watch?v=Q2JjJPDz3EE

Curriculum

spetta bile

Stavo pensando (ultimamente l’argomento in questione è uno dei miei pensieri fissi) a quante convinzioni di cui non siamo affatto convinti dobbiamo scrivere in un curriculum. In ogni caso, via, scriviamone un altro…

Scrivere un curriculum

Cos’è necessario?
È necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.

A prescindere da quanto si è vissuto
il curriculum dovrebbe essere breve.

È d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.

Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.

Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione.

Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.

Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.

Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.

Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.
È la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.

Wislawa Szymborska, da Gente sul ponte, in La gioia di scrivere – Tutte le poesie (1945-2009), traduzione di Pietro Marchesani, Adelphi Edizioni

*ascoltando Litfiba – Ragazzo https://www.youtube.com/watch?v=fQV-E3u1TNg

Improvvisando (sotto un cielo sipario)

sipario

Siamo sulla scena, sperando di interpretare davvero la parte che è stata pensata per noi.
(E il suggeritore è sempre in sciopero).

Una vita all’istante

Una vita all’istante.
Spettacolo senza prove.
Corpo senza modifiche.
Testa senza riflessione.

Non conosco la parte che recito.
So solo che è la mia, non mutabile.

Il soggetto della pièce
va indovinato direttamente in scena.

Mal preparata all’onore di vivere,
reggo a fatica il ritmo imposto dell’azione.
Improvviso, benché detesti improvvisare.
Inciampo a ogni passo nella mia ignoranza.
Il mio modo di fare sa di provinciale.
I miei istinti hanno del dilettante.
L’agitazione, che mi scusa, tanto più mi umilia.
Sento come crudeli le attenuanti.

Parole e impulsi non revocabili,
stelle non calcolate,
il carattere come un capotto abbandonato in corsa –
ecco gli esiti penosi di tale fulmineità.

Poter provare prima, almeno un mercoledì,
o replicare ancora una volta, almeno un giovedì!
Ma qui già sopraggiunge il venerdì
con un copione che non conosco.
Mi chiedo se sia giusto
(con voce rauca,
perché neanche l’ho potuta schiarire tra le quinte).

Illusorio pensare che sia solo un esame superficiale,
fatto in un locale provvisorio. No.

Sto sulla scena e vedo quant’è solida.
Mi colpisce la precisione di ogni attrezzo.
Il girevole è già in funzione da tempo.
Anche le nebulose più lontane sono state accese.
Oh, non ho dubbi che questa sia la prima.
E qualunque cosa io faccia,
si muterà per sempre in ciò che ho fatto.

Wislawa Szymborska, da Grande Numero, in La gioia di scrivere – Tutte le poesie (1945-2009), traduzione di Pietro Marchesani

*ascoltando Francesco De Gregori – La valigia dell’attore
https://www.youtube.com/watch?v=IEXo97_q3BA

Elettrocardiogrammi poetici

ritmi

Due minuti, 120 battiti (più o meno): il tempo di leggere alcune poesie che parlano del cuore (che, si sa, fa sempre quello che vuole).

Al mio cuore, di domenica

Ti ringrazio, cuore mio:
non ciondoli, ti dai da fare
senza lusinghe, senza premio,
per innata diligenza.
Hai settanta meriti al minuto.
Ogni tua sistole
è come spingere una barca
in mare aperto
per un viaggio intorno al mondo.
Ti ringrazio, cuore mio:
volta per volta
mi estrai dal tutto,
separata anche nel sonno.
Badi che sognando non trapassi in quel volo,
nel volo
per cui non occorrono le ali.
Ti ringrazio, cuore mio:
mi sono svegliata di nuovo
e benché sia domenica,
giorno di riposo,
sotto le costole
continua il solito viavai prefestivo.

Wisława Szymborska, La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009), Adelphi.

 

Il signore nel cuore

Le era entrato nel cuore.
Passando dalla strada degli occhi e delle orecchie le era entrato nel cuore.
E lì cosa faceva?
Stava.
Abitava il suo cuore come una casa.

Vivian Lamarque, da Vivian Lamarque – Poesie 1972-2002

 

Francis Turner

Io non potevo correre né giocare
quand’ero ragazzo.
Quando fui uomo, potei solo sorseggiare alla coppa,
non bere —
perché la scarlattina mi aveva lasciato il cuore malato.
Eppure giaccio qui
blandito da un segreto che solo Mary conosce:
c’è un giardino di acacie,
di catalpe e di pergole addolcite da viti —
là, in quel pomeriggio di giugno
al fianco di Mary —
mentre la baciavo con l’anima sulle labbra,
l’anima d’improvviso mi fuggí.

Edgar Lee Masters, traduzione di Fernanda Pivano, da Spoon River Anthology, Einaudi Editore, 1943

* ascoltando Un malato di cuore –  Fabrizio De Andrè https://www.youtube.com/watch?v=R4sqEWrn0DY

 

 

Un peso

il peso delle scelte

Ha ragione la poetessa qui sotto: che ci piaccia o no ogni nostra azione ha un peso politico, ogni scelta influisce sul mondo vicino a noi e anche su quello lontano. Risulta più facile dimenticarci di questo fatto (che si chiama responsabilità), ma ci converrebbe tenerlo a mente.

 

Siamo figli dell’epoca,
l’epoca è politica.
 
Tutte le tue, nostre, vostre
faccende diurne, notturne
sono faccende politiche.
 
Che ti piaccia o no,
i tuoi geni hanno un passato politico,
la tua pelle una sfumatura politica,
i tuoi occhi un aspetto politico.
 
Ciò di cui parli ha una risonanza,
ciò di cui taci ha una valenza
in un modo o nell’altro politica.
 
Perfino per campi, per boschi
fai passi politici
su uno sfondo politico.
 
Anche le poesie apolitiche sono politiche,
e in alto brilla la luna,
cosa non più lunare.
Essere o non essere, questo è il problema.
Quale problema, rispondi sul tema.
Problema politico.
 
Non devi neppure essere una creatura umana
per acquistare un significato politico.
Basta che tu sia petrolio,
mangime arricchito o materiale riciclabile.
 
O anche il tavolo delle trattative, sulla cui forma
si è disputato per mesi:
se negoziare sulla vita e la morte
intorno a un rotondo o quadrato.
 
Intanto la gente moriva,
gli animali crepavano,
le case bruciavano
e i campi inselvatichivano
come in epoche remote
e meno politiche.
 

Wislawa Szymborska, da Vista con granello di sabbia, traduzione di Pietro Marchesani, Adelphi Edizioni, 1998

* ascoltando Elvis Costello & The Attractions – (What’s So Funny ‘Bout) Peace, Love And Understanding
https://www.youtube.com/watch?v=KCGlwx3L-Xk

Hai mai visto un’anima?

anima x

Hai mai visto come è fatta l’anima di una persona (di una persona qualsiasi, come me, come te)? Chissà se vede attraverso i nostri occhi o se percepisce attraverso le vibrazioni,  se la sua voce si può ascoltare (stando bene attenti) o se comunica attraverso frequenze che non ci rendiamo conto di sentire; chissà se ha già vissuto cose che noi ancora non immaginiamo.  Io non lo so come è fatta un’anima, ma sono quasi certa che  possa arrivare ovunque voglia, perché è l’unica parte di noi veramente libera.

Qualche parola sull’anima

L’anima la si ha ogni tanto.
Nessuno la ha di continuo
e per sempre.

Giorno dopo giorno,
anno dopo anno
possono passare senza di lei.

A volte
nidifica un po’ più a lungo
sole in estasi e paure dell’infanzia.
A volte solo nello stupore
dell’essere vecchi.

Di rado ci dà una mano
in occupazioni faticose,
come spostare mobili,
portare valigie
o percorrere le strade con scarpe strette.

Quando si compilano moduli
e si trita la carne
di regola ha il suo giorno libero.

Su mille nostre conversazioni
partecipa a una,
e anche questo non necessariamente,
poiché preferisce il silenzio.

Quando il corpo comincia a dolerci e dolerci,
smonta di turno alla chetichella.

È schifiltosa:
non le piace vederci nella folla,
il nostro lottare per un vantaggio qualunque
e lo strepito degli affari la disgustano.

Gioia e tristezza
non sono per lei due sentimenti diversi.
È presente accanto a noi
solo quando essi sono uniti.

Possiamo contare su di lei
quando non siamo sicuri di niente
e curiosi di tutto.

Tra gli oggetti materiali
le piacciono gli orologi a pendolo
e gli specchi, che lavorano con zelo
anche quando nessuno guarda.

Non dice da dove viene
e quando sparirà di nuovo,
ma aspetta chiaramente simili domande.

Si direbbe che
così come lei a noi,
anche noi
siamo necessari a lei per qualcosa.

Wislawa Szymborska, da  La gioia di scrivere – Tutte le poesie (1945-2009), a cura di Pietro Marchesani, Adelphi, 2009

* ascoltando Elisa – L’anima vola https://www.youtube.com/watch?v=MqhxIQD16EA

Acrobati (senza rete)

Marc Chagall - "The Horse Circus"

Marc Chagall – “The Horse Circus”

Non siamo forse tutti acrobati? Rincorriamo perennemente l’equilibrio tra l’essere e il voler essere. E sotto di noi non c’è mai la rete.

L’acrobata

Da trapezio a
a trapezio, nel silenzio dopo
dopo un rullo di tamburo di colpo muto, attraverso
attraverso l’aria stupefatta, più veloce del
del peso del suo corpo che di nuovo
di nuovo non ha fatto in tempo a cadere.

Solo. O anche meno che solo,
meno, perché imperfetto, perché manca di
manca di ali, gli mancano molto,
una mancanza che lo costringe
a voli imbarazzati su una attenzione
senza piume ormai soltanto nuda.

Con faticosa leggerezza,
con paziente agilità,
con calcolata ispirazione. Vedi
come si acquatta per il volo? Sai
come congiura dalla testa ai piedi
contro quello che è? Lo sai, lo vedi

con quanta astuzia passa attraverso la sua vecchia forma e
per agguantare il mondo dondolante
protende le braccia di nuovo generate?

Belle più di ogni cosa proprio in questo
proprio in questo momento, del resto già passato.

Wisława Szymborska, da Wisława Szymborska Opere, a cura di Pietro Marchesani, Milano, Adelphi, 2008

* ascoltando Daniele Silvestri – Acrobati https://www.youtube.com/watch?v=80pk9nYE4jU