Certe mattine (fuori tema n.22)

In questo tempo di fragilità incalzante (ma anche in ogni tempo), certe mattine può capitare (sì, sì, può capitare davvero!)
di sentirsi più fragili del solito:

 

(…) “Certe mattine ci si sveglia come se si fosse fatti di un materiale friabile, basta un soffio, un piccolo gesto maldestro per svanire del tutto. È meglio accorgersene al più presto e, parlandosi con estrema delicatezza, accompagnarsi al silenzio. Mettere a tacere senza violenza le voci e i commenti, poi alzarsi con molta cautela come un animaletto di vetro sottilissimo e non lasciarsi mai soli, accompagnando ogni gesto e chiedendo delicatamente il silenzio. Lavarsi, vestirsi, fare colazione molto lentamente, con una grazia intenta, come fossero piccoli rituali segreti, come se tutto il mondo fosse diventato delicatissimo. Sedersi senza commento alcuno, ascoltare il respiro continuando a trascurare i pensieri che interferiscono, le voci acuminate. Fa tutto male, ma si può imparare ad avere a che fare con i grandi ustionati.”(…)

Chandra Livia Candiani, da Questo immenso non sapere, Einaudi, 2021

 

Quei giorni così

pg

Quei giorni un po’ così (e tra questi, non so tu ma io di sicuro sì, metto anche i giorni del  famigerato “cosa fai di bello a…”  Capodanno, Pasquetta… Ferragosto e così via).

 

Che, delle volte,
ti senti proprio a pezzi.
Che tutti intorno,
hanno mille cose da fare:
riti, impegni, celebrazioni,
liturgie familiari, scadenze,
e tu te ne stai lì,
a chiederti: la forza, oggi,
dove la prendo.
Troppo occupato il mondo.
Pieno. Saturo.
Su tutto domina la dittatura
delle cose da fare,
del colpo più subdolo:
quello che in nome dell’esserci
ci nega l’essere.

Gianluigi Gherzi, da Ti aspetto nella mia casa a disordinare, Animamundi Edizioni, 2019

*ascoltando Peter Green – Slabo Day https://www.youtube.com/watch?v=INOVuZQsxKQ

“Diffusa”

a pezzi

Ci sono giorni così.
Giorni in cui ci si sente un po’ “diffusi”, come gli alberghi dei piccoli borghi, ma in un modo molto meno piacevole: la sensazione è quella che più comunemente e banalmente si definisce “sentirsi a pezzi (e sparpagliati)”.
Chi non ha mai conosciuto giorni così… diffusi?

Oggi no

Oggi non ho il tempo
per scrivere
per leggere
per ridere di me

oggi non ho la forza
per ascoltare la musica
per guardare gli alberi
per camminare fino all’angolo
oggi sono occupata:
devo raccogliere

i                           miei

pezzi

sparsi.

Irene Marchi, da La parte in ombra, Ensemble Edizioni, 2018

*ascoltando Edoardo Bennato – Un giorno credi https://www.youtube.com/watch?v=qsvs01Fc8EQ