Se scatta quella molla

molle di ferro

Sì sì, si dice “Basta, non ci casco più.  Ho chiuso con questa cosa del cuore, dell’amore o come si chiama…“, ma poi scatta quella molla. E non ci puoi fare nulla.

E ci innamoriamo
ancora una volta e ancora
scatta la molla del cuore
e l’intesa fra regni
con musi con pietre con ali
sappiamo la melodia sottesa
come l’idiota che ride
al centro della festa anche noi
fatti nota riverberante. Fra tante.
Fra tante.

Mariangela Gualtieri, Bestia di gioia, Einaudi, 2010

Una coperta rossa

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Di che colore è l’amore?

Il tuo corpo tagliato
da una lama di luce –
per metà carne,
per metà ricordo.

Illuminazione obliqua,
il grande letto
intero,
il tepore lontano,
e la coperta rossa.

Chiudo la porta,
chiudo le finestre.
Vento con vento.
Unione inespugnabile.

Con la bocca piena
di un boccone di notte.
Ahi, l’amore.

Ghiannis Ritsos, da AA.VV. Nuove poesie d’amore, Crocetti Editore,
traduzione di Nicola Crocetti

Sappi che

 

aug

Ti auguro
l’amore che ha gli occhi spalancati
quegli occhi
che sanno brillare
per la gioia e la felicità
di averti vicino.
Tu storto come sei
con tutte le ombre che ti porti dentro,
riconosciuto come luce,
come regalo
come inspiegabile inizio.
Amore che non seziona
non divide in pregi e difetti
che ama il miracolo che sei,
non lo spezza, non lo seziona.

Gianluigi Gherzi, da Ti aspetto nella mia casa a disordinare, AnimaMundi Edizioni, 2019

“Che ne sapevo…”

Dipinto di Hülya Ozdemir

Senti come profuma di colore questa poesia!

 

Ci sono rocce desolate
sulla Badisco alta
giostrellate da un vento
profumato di rosmarino
e di erbe selvagge.
Un lontanissimo giorno
mi stesi a prendere il sole
a precipizio sul mare
illuso di possedere
il cielo e la terra.
Quasi quasi m’assopivo
se non c’era
il garrire alto del rondone
a volte urtante
a volte lento come d’estate
il miracolo dei papaveri.
Mi girai di lato
ammaliato da un maggiolino
a guardarlo con occhi di lente
da vicino. Mi pareva
una terrena stella vivente
amori impenetrabili segreti…
che ne sapevo
che tu eri già nata
dov’eri
e che le tue labbra di vela
i tuoi occhi
la tua smania di vivere
brillavano più dei suoi colori?

Salvatore Toma (Maglie, 1951 – 1987), da Canzoniere della morte
 

Un po’ di grammatica

grammatica1

Un verbo semplice ma complicato.

La grammatica dell’amore

Io lo so.
Tu lo sai.
Noi lo sappiamo.

Loro non lo sanno.

°°°

La gramática del amor

Yo lo sé.
Tú lo sabes.
Nosotros lo sabemos.

Ellos no lo saben.

Alfonso Brezmes, da La notte tatuata, Editorial Renacimiento, 2013

Richieste (più o meno concise)

palazzetto

Non è sempre facile (né risolutivo) trovare le parole per chiedere perdono a qualcuno, ma  una richiesta scritta così, come nella poesia di Salinas (la richiesta in foto è un po’ più concisa!index ), può essere piuttosto convincente…

Perdonami se ti cerco così
goffamente, dentro
di te.

Perdonami il dolore, qualche volta.
È che da te voglio estrarre
il tuo migliore tu.
Quello che non vedesti e che io vedo,
immerso nel tuo fondo, preziosissimo.

E afferrarlo
e tenerlo in alto come trattiene
l’albero l’ultima luce
che gli viene dal sole.

E allora tu
verresti a cercarlo, in alto.
Per raggiungerlo
alzata su di te, come ti voglio,
sfiorando appena il tuo passato
con le punte rossate dei tuoi piedi,
tutto il corpo in tensione d’ascesa
da te a te.

E allora al mio amore risponda
la creatura nuova che tu eri.

Pedro Salinas,  da La voce a te dovuta, Einaudi, 1997, traduzione di Emma Scoles

Perdóname por ir así buscándote
tan torpemente, dentro
de ti.

Perdóname el dolor, alguna vez.
Es que qiero sacar
de ti tu mejor tú.
Ese que no te viste y que yo veo,
nadador por tu fondo, preciosísimo.

Y cogerlo
y tenerlo yo en alto como tiene
el árbol la luz última
que le ha encontrado al sol.

Y entonces tú
en su busca vendrías, a lo alto.
Para llegar a él
subida sobre ti, como te quiero,
tocando ya tan sólo a tu pasado
con las puntas rosadas de tus pies,
en tensión todo el cuerpo, ya ascendiendo
de ti a ti misma.

Y que a mi amor entonces, le conteste
la nueva criatura que tú eras.

“Da forma a forma”

murales

Quanti nomi,
quante forme
(e quanti sogni) ha l’amore?

 

Il quotidiano innamoramento

L’amore mio ha tanti di quei nomi.
Batte le foglie a volte come cielo
che scende in gocce. Tira via le foglie
secche e le trasporta in volo.
A volte l’amore mio sorge e risplende
a volte per un momento breve
mi guarda sul sentiero con occhi
spaventati di capriolo. Ha molte facce
l’amore mio. Umane facce
e musi. Ha tutte le parole.
Ha note, sinfonie, voci cantate.
Ha un vuoto così grande
che mi accoglie mi chiama mi
atterrisce. L’amore mio.
Mi consola e mi duole.
E non muore – non muore.
Da forma a forma fiorisce.

Mariangela Gualtieri, da Quando non morivo, Einaudi, 2019

Occhi negli occhi

 

Amedeo Modigliani, Ritratto di Dédie (1918) olio su tela. Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou.

Amedeo Modigliani, Ritratto di Dédie (1918) olio su tela, Parigi, Musée National d’Art Moderne, Centre Georges Pompidou.

(Senza parole: bastano gli occhi)

 

 

Quando tu chiudi gli occhi
le tue palpebre sono aria.
Mi trascinano:
vado con te, dentro.

Non si vede nulla, non
si sente nulla. Superflui
gli occhi e le labbra,
in questo mondo tuo.
Per sentire te
non valgono
i sensi consueti,
che si usano con gli altri.
Bisogna attenderne di nuovi.
Si cammina al tuo fianco
sordamente, al buio,
inciampando nei forse,
nelle attese; sprofondando
verso l’alto
con gran peso di ali.

Quando tu riapri gli occhi
io torno fuori,
ormai cieco,
inciampando ancora,
senza vedere, nemmeno, qui.
Senza sapere piú vivere
né in quell’altro, nel tuo,
né in questo
mondo scolorito
dove io vivevo.
Incapace, indifeso
fra l’uno e l’altro.
Andando, venendo
dall’uno all’altro
quando tu vuoi,
quando apri, quando chiudi
le palpebre, gli occhi.

Pedro Salinas, da La voce a te dovuta, Torino, Einaudi 1979, traduzione di Emma Scoles

  • ascoltando Pomplamoose ft. The Vignes Rooftop Revival  – Les Yeux Noirs (cover della versione di Django Reinhardt; Oči čёrnye è il titolo in lingua russa, da pronunciare Oci ciornie) è una poesia del poeta ucraino Èvgen Pavlovič Hrebinka, poi musicata e divenuta una canzone popolare russa)  https://www.youtube.com/watch?v=gfiqW1WaGbw

Ti ho vist*

 

Fotografia di Ferdinando Scianna, Valencia. 1995

Fotografia di Ferdinando Scianna –             Valencia, 1995

 

Aria viva

Ho guardato davanti a me
In mezzo alla folla ti ho veduta
In mezzo al grano ti ho veduta
Sotto un albero ti ho veduta

Al termine di ogni mio viaggio
Al fondo di tutti i miei tormenti
Alla svolta di ogni risata
Che uscivi dall’acqua e dal fuoco

D’estate e d’inverno ti ho veduta
Nella mia casa ti ho veduta
Tra le mie braccia ti ho veduta
Dentro i miei sogni ti ho veduta

Io non ti lascerò mai più.

Paul Éluard (Sain-Denis, Francia, 1895-1952), da Ultime poesie d’amore, Passigli, 1996, traduzione di Vincenzo Accame

Astolfo, dove sei?!

ariosto-frontespizio-orlando-furioso

Ma è davvero così, come fa intendere anche la poesia qui sotto? Quando si ama si cade in una specie di pazzia (si perde la testa!)?
Per recuperare il senno di Orlando, impazzito per amore, Ludovico Ariosto mandò Astolfo sulla Luna: propongo di istituire la figura professionale degli Astolfi!
Che dici, ti pare una buona idea o… l’idea di una pazza?

Dopo

E ora comincia
la piccola vita
del sopravvissuto nella catastrofe dell’amore:

ciao, piccoli cani,
ciao, vagabondi,
ciao, autobus e passanti.

Sono una bimba al seno
appena nata
nel terribile parto dell’ amore.

Non amo più.

Ora posso esercitare nel mondo
iscrivermi a lui
sono un altro pezzo dell’ingranaggio.

Non sono più pazza.

Cristina Peri Rossi (Montevideo, 1941), da Otra vez eros, 1994

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Después

Y ahora se inicia
la pequeña vida
del sobreviviente de la catástrofe del amor:

Hola, perros pequeños,
hola, vagabundos,
hola, autobuses y transeúntes.

Soy una niña de pecho
acabo de nacer
del terrible parto del amor.

Ya no amo.

Ahora puedo ejercer en el mundo
inscribirme en él
soy una pieza más del engranaje.

Ya no estoy loca.

*ascoltando Astolfo – Negramaro https://www.youtube.com/watch?v=BHBHvpil5CU