Siamo qui (adesso)

 

territudine

 

Territudine

Stare qui per anni sulla terra,
con le nubi che arrivano, con gli uccelli,
sospesi a fragili ore.
A bordo, quasi alla deriva,
più vicini a Saturno, più lontani,
mentre il sole fa un giro e ci trascina
e il sangue percorre il suo profondo universo
più sacro di tutti gli astri. 

Stare qui sulla terra: non più lontani
di un albero, né più incomprensibili,
leggeri d’autunno, gonfi d’estate,
con ciò che siamo o non siamo, con l’ombra,
la memoria, il desiderio, fino alla fine
(se c’è una fine) voce a voce,
casa per casa,
sia chi porta la terra, se la portano,
o chi l’attende, se l’attendono,
dividendo insieme ogni volta il pane
in due, in tre, in quattro,
senza dimenticare gli avanzi per la formica
che sempre viaggia da remote stelle
per essere puntuale all’ora della nostra cena
sebbene le briciole siano amare.

Eugenio Montejo (Caracas, 1938-2008), da Terredad (Territudine), traduzione di Alessio Brandolini

***

Terredad

Estar aquí por años en la tierra,
con la nubes que lleguen, con los pájaros,
suspensos de horas frágiles.
A bordo, casi a la deriva,
más cerca de Saturno, más lejanos,
mientras el sol da vuelta y nos arrastra
y la sangre recorre su profundo universo
más sagrado que todos los astros.

Estar aquí en la tierra: no más lejos
que un árbol, no más inexplicables,
livianos en otoño, henchidos en verano,
con lo que somos o no somos, con la sombra,
la memoria, el deseo, hasta el fin
(si hay un fin) voz a voz,
casa por casa,
sea quien lleve la tierra, si la llevan,
o quien la espere, si la aguardan,
partiendo juntos cada vez el pan
en dos, en tres, en cuatro,
sin olvidar las sobras de la hormiga
que siempre viaja de remotas estrellas
para estar a la hora en nuestra cena
aunque las migas sean amargas.

 

♥ ascoltando John Denver – Rhymes and Reasons https://www.youtube.com/watch?v=QKlPH-kM3kM

Oggi alberi

frst

Avvertenza ai naturalisti

Chi apre
questo libro
rischia grosso:
dai piedi potrebbero
spuntare radici, dalle mani
fronde di carpino o corbezzolo.
Potrebbe incontrare se stesso, in un
sogno, o svegliarsi con l’obbligo di discernere
fra opportunità e verità, a proprio svantaggio.
La natura non ha nulla di buono,
essa opera e distribuisce, si
rinnova nel sangue dei
vinti. Siamo nervi e
sentimenti che un
soffio leggero può
confondere, o l’ombra di
una nube nascondere. La natura
umana non è la roccia, è il fruscio
del volo d’un cardellino

Tiziano Fratus, Poesie creaturali – Un bosco in versi,  Libreria della Natura (2019)

°°°

Di boschi, foreste e altro

ma noi dovevamo costruire una foresta
dove metterci tutte le cose
che in un altro angolo del pianeta ci starebbero strette
alberi con le foglie a sfidare il sole come le parole dei poeti
e fiumi biblici di acque fonde come i tuoi occhi
e uccelli leggiadri e violenti
come la vita che se ne va tra amori e dolori senza senso

ma noi dovevamo costruire una foresta
dove nessun grillo parlante
venisse a suggerirci con discrezione e violenza
strade autostrade e percorsi alternativi dove non ci fossero
preti gesuiti marxisti in odore di santità
laburisti esperti di filosofia e astronomia
uomini di est e di sud-est
dove nessuno, dico nessuno,
si permettesse di pensare
che a renderla vivibile una foresta
macdonald ci vogliano e atéliers case eleganti e ben pulite
letti con le lenzuola fresche di bucato e di scopate
scuole che ti insegnino a morire un libro dopo l’altro
e ospedali dove ti rubano anche la morte

ma noi dovevamo costruire una foresta
non un orticello dove coltivarci zucche patate e un po’ di pomodori
e stare seduti a guardare il tramonto e la vita che passa
come i fraticelli che aspettano l’eterno
e un dio che se c’è c’è, e son cazzi suoi
una foresta dove, amore, la morte non è la fine di tutto

Luther Blissett, eteronimo di Emilio Piccolo (Acerra, 1951-2012), da Beatrice – My heart is full of troubles, Dedalus, 1999

°°°

Gli alberi

Parlano poco gli alberi, si sa.
Passano tutta la vita meditando
e muovendo i loro rami.
Basta guardarli in autunno
quando si riuniscono nei parchi:
soltanto i più vecchi conversano,
quelli che donano le nuvole e gli uccelli,
ma la loro voce si perde tra le foglie
e assai poco percepiamo, quasi niente.

È difficile riempire un piccolo libro
coi pensieri degli alberi.
Tutto in essi è vago, frammentario.
Oggi, ad esempio, mentre ascoltavo il grido
di un tordo nero, di ritorno verso casa,
grido ultimo di chi non attende un’altra estate,
ho capito che nella sua voce parlava un albero,
uno dei tanti,
ma non so cosa fare di quel grido,
non so come trascriverlo.

Eugenio Montejo (Caracas, 1938-2008), da Algunas palabras, 1976  in La lenta luce del tropico-Antologia poetica, Le Lettere, 2006, traduzione di Luca Rosi

*ascoltando Agnes Obel – Under Giant Trees https://www.youtube.com/watch?v=GjXKU-yo_Vg

Lei arriva senza avvertire

la poe zia

La poesia

La poesia attraversa la terra in solitudine,
appoggia la sua voce sul dolore del mondo
e niente chiede
– nemmeno parole.
Arriva da lontano e senza orario, non avverte mai;
ha la chiave della porta.
Entrando si sofferma sempre ad osservarci.
Poi apre la sua mano e ci offre
un fiore o un ciottolo, qualcosa di segreto,
ma tanto intenso che il cuore palpita
troppo veloce. E ci svegliamo.

°°°

La poesía

La poesía cruza la tierra sola,
apoya su voz en el dolor del mundo
y nada pide
–ni siquiera palabras.
Llega de lejos y sin hora, nunca avisa;
tiene la llave de la puerta.
Al entrar siempre se detiene a mirarnos.
Después abre su mano y nos entrega
una flor o un guijarro, algo secreto,
pero tan intenso que el corazón palpita
demasiado veloz. Y despertamos.

Eugenio Montejo (Caracas, 1938 –2008), da Alfabeto del mundo

*ascoltando  Avishai Cohen –  Seven Seas https://www.youtube.com/watch?v=Iu01NR-FUIw

 

“… in altri giri della terra”

giri

 

Sono questa vita

Sono questa vita e quella che resta,
quella che verrà dopo in altri giorni,
in altri giri della terra.

Quella che ho vissuto così come fu scritta
ora dopo ora
sul grande libro indecifrabile,
quella che mi va cercando per strada,
da un taxi
e senza avermi visto mi ricorda.

Ancora non so quando arriverà, chi la trattiene,
non conosco il suo viso, il suo corpo, il suo sguardo,
non so se arriverà da un altro paese
in un tappeto volante
o da un altro continente.

Sono questa vita che ho vissuto o malvissuto
ma ancor di più quella che deve arrivare
nelle orbite che la terra mi deve.
Quella che sarà domani quando arrivi
in un amore, una parola;
quella che in ogni attimo spero di prendere
senza sapere se è qui, se è lei quella che scrive
guidandomi la mano.

°°°

Soy esta vida

Soy esta vida y la que queda,
la que vendrá después en otros días,
en otras vueltas de la tierra.

La que he vivido tal como fue escrita
hora tras hora
en el gran libro indescifrable,
la que me anda buscando en una calle,
desde un taxi
y sin haberme visto me recuerda.

Ya no sé cuándo llegará, qué la detiene,
no conozco su rostro, su cuerpo, su mirada,
no sé si llegará de otro país
en un tapiz volante
o de otro continente.

Soy esta vida que he vivido o malvivido
pero más la que aguardo todavía
en las vueltas que la tierra me debe.
La que seré mañana cuando venga
en un amor, una palabra;
la que trato de asir cada segundo
sin saber si está aquí, si es ella que escribe
llevándome la mano.

Eugenio Montejo (Caracas, 1938 – Valencia, 2008), da Terredad (Territudine)

*ascoltando Mark Knopfler – The Long Road https://www.youtube.com/watch?v=zqHdzatTBhA