“Quel granello di pazzia”

C'EST MOI

Personalmente, con i granelli di pazzia, penso di essere a posto (già a vent’anni, a dire il vero, come testimoniato dalla foto). E tu, coltivi quel granello di pazzia di cui si parla qui sotto?

(…) A Locke e ai detrattori della poesia, hanno risposto indirettamente, nel corso dei secoli, tanti poeti e letterati. Ma, in particolare, le parole pronunciate da Federico Garcia Lorca (in un’aula dell’Università di Madrid nel 1934), nel presentare alcuni versi di Pablo Neruda, ci fanno vibrare le corde del cuore: Io vi consiglio di ascoltare con attenzione questo gran poeta e di cercare di commuovervi con lui; ognuno alla propria maniera. La poesia richiede una lunga iniziazione, come qualsiasi sport, ma c’è nella vera poesia un profumo, un accento, un tratto luminoso che tutte le creature possono percepire. E voglia Iddio che vi serva per nutrire quel granello di pazzia che tutti portiamo dentro, che molti uccidono per mettersi l’odioso monocolo dellapedanteria libresca e senza il quale è imprudente vivere.

Nuccio Ordine, da L’utilità dell’inutile – Manifesto, Bompiani, 2013

Pioggia profumata

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L’altra sera un temporale ha sparso giù in giardino tutti i petali delle rose fiorite a  settembre; la mattina dopo li ho raccolti, carichi di pioggia profumata. Una goccia, in particolare, si è scusata per quel piccolo disastro e se n’è andata portando con sé alcuni petali.  Se sentite profumo di rosa forse è lei…

Pioggia

La pioggia ha un vago segreto di tenerezza,
una vaga sonnolenza rassegnata e amabile,
si desta con lei un’umile musica
che rende vibrante lo spirito addormentato del paesaggio.
 
È un bacio azzurro che la Terra accoglie,
il mito primitivo che torna a realizzarsi.
Il contatto ormai freddo dei vecchi cielo e terra
con un clima mite di sere interminabili.
 
È l’aurora del frutto. Quella che ci dà i fiori
e ci unge del santo spirito dei mari.
Quella che diffonde vita sulle sementi
e nell’anima tristezza di qualcosa di vago.
 
La nostalgia terribile di una vita perduta,
il fatale sentimento di esser nati tardi,
o l’inquieta illusione di un impossibile domani
con l’inquietudine prossima del colore della carne.
 
L’amore si ridesta nel suo grigio ritmo,
il nostro cielo interiore ha un trionfo di sangue,
ma il nostro ottimismo si muta in tristezza
vedendo le gocce morte sopra i vetri.
 
Sono le gocce: occhi di infinito che guardano
il bianco infinito che fu per loro madre.

Granada, gennaio 1919

Federico Garcia Lorca, prima metà della poesia Pioggia, traduzione di Claudio Rendina, da Poesie (Libro de poemas), Newton Compton, Roma, 1970

 

Le corde che liberano

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Le sei corde

La chitarra
fa piangere i sogni.
Il singhiozzo delle anime
perdute
sfugge dalla sua bocca
rotonda.
E come la tarantola,
tesse una grande stella
per sorprendere i sospiri
che tremano nella sua nera
cisterna di legno.

°°°

Las seis cuerdas

La guitarra,
hace llorar a los sueños.
El sollozo de las almas
perdidas,
se escapa por su boca
redonda.
Y como la tarántula
teje una gran estrella
para cazar suspiros,
que flotan en su negro
aljibe de madera.

Federico García Lorca (Fuente Vaqueros, 1898 – Víznar, 1936), da Poema del Cante Jondo

*ascoltando Andrés Segovia – Asturias (Leyenda) – (trascrizione da Isaac Albéniz) https://www.youtube.com/watch?v=Jj7iC4hD3IM

Cose dal mondo (4): un Valzer a Vienna

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Una poesia che diventa (anche) una canzone (in  questo caso Leonard Cohen trasporta  -meravigliosamente- in musica una poesia di Federico Garcia Lorca).

(Altri casi di poesie che hanno ispirato canzoni, qui https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2016/06/23/note-poesia/)

Piccolo Valzer Viennese (Pequeño Vals Vienés)

A Vienna ci sono dieci ragazze,
una spalla dove piange la morte
e un bosco di colombe disseccate.
C’è un frammento del mattino
nel museo della brina.
C’è un salone con mille vetrate.

Ahi! Ahi! Ahi! Ahi!
Prendi questo valzer con la bocca chiusa.
Questo valzer, questo valzer, questo valzer,
di sì, di morte e di cognac
che si bagna la coda nel mare.

Io ti amo, io ti amo, io ti amo
con la poltrona e con il libro morto,
nel malinconico corridoio,
nell’oscura soffitta del giglio,
nel nostro letto della luna,
nella danza che sogna la tartaruga.

Ahi! Ahi! Ahi! Ahi!
Prendi questo valzer dalla spezzata cintura.
A Vienna ci sono quattro specchi,
vi giocano la tua bocca e gli echi.
C’è una morte per pianoforte
che tinge d’azzurro i giovanotti.
Ci sono mendichi sui terrazzi. E
fresche ghirlande di pianto.

Ahi! Ahi! Ahi! Ahi!
Prendi questo valzer che spira fra le mie braccia.
Perchè io ti amo, ti amo, amore mio,
nella soffitta dove giocano i bambini,
sognando vecchie luci d’Ungheria
nel mormorio di una sera mite,
vedendo agnelli e gigli di neve
nell’oscuro silenzio delle tue tempie.

Ahi! Ahi! Ahi! Ahi!
Prendi questo valzer del “Ti amo per sempre”.
A Vienna ballerò con te
con un costume che abbia la testa di fiume.
Guarda queste mie rive di giacinti!
Lascerò la mia bocca tra le tue gambe,
la mia anima in foto e fiordalisi,
e nelle onde oscure del tuo passo io voglio,
amore mio, amore mio, lasciare,
violino e sepolcro, i nastri del valzer.

Fedreico Garcia Lorca (1898-1936), da Fuga da New York, nona sezione di Un poeta a New York

*ascoltando Leonard Cohen – Take this Waltz https://www.youtube.com/watch?v=ytdjYjM-cLg (anche nella versione in castigliano: Sílvia Pérez Cruz y Raúl Fernández – Pequeño Vals Vienés
 https://www.youtube.com/watch?time_continue=5&v=vx5CW0Vyvi8 )

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Musica (e ricordi)

musica

Musica: suonarla o ascoltarla amplifica ogni sensazione. Soprattutto i ricordi.
Che ricordi stai ascoltando in questo momento?

La chitarra

Incomincia il pianto
della chitarra.
Si rompono le coppe
dell’alba.
Incomincia il pianto
della chitarra.
È inutile
farla tacere.
È impossibile
farla tacere.
Piange monotona
come piange l’acqua,
come piange il vento
sulla neve.
È impossibile
farla tacere.
Piange per cose
lontane.
Arena del caldo Meridione
che chiede camelie bianche.
Piange freccia senza bersaglio
la sera senza domani
e il primo uccello morto
sul ramo.
Oh, chitarra,
cuore trafitto
da cinque spade.

Federico Garcia Lorca, dal Poema del Cante jondo, 1921-’22.

 

Qualunque musica, ah, qualunque,
che mi sciolga subito dall’anima
questa incertezza che vuole
qualunque impossibile calma!

Qualunque musica: chitarra,
viola, armonio, organetto…
Un canto che si smarrisce…
Un sogno in cui non vedo nulla…

Qualunque cosa, non vita!
Jota, fado, confusione
dell’ultima danza vissuta…
Che io non senta il cuore!

Fernando Pessoa, da Poesias, in Poesie scelte, Passigli Editore, traduzione di Luigi Panarese.

* Asciltando:  Nick Drake – Cello song; The Beatles – While My Guitar Gently  Weeps.

 

Silenzio

silenzio
“Si dice che ogni persona è un’isola, e non è vero, ogni persona è un silenzio, questo sì, un silenzio, ciascuna con il proprio silenzio,ciascuna con il silenzio che è”.
José Saramago, da La caverna

°°°

“(…) Siamo due silenzi, così uniti
che nessuno può sentire
che quel silenzio che è intorno
è doppio, perché due voci,
tacendo, l’hanno forgiato
per capirsi ancora meglio”.
Pedro Salinas, da  Il Corpo Favoloso

Che cos’è il silenzio? È solo assenza di suono o ci può essere silenzio anche nella confusione più totale? Forse sta a noi trovare un po’ di silenzio (per poterci capire), come un angolo riparato nel bel mezzo di una grandinata estiva. Silenzio come rifugio. O come diverso modo di comunicare. E poi c’è quel silenzio triste: quando non troviamo più la voglia di parlare… che non arrivi mai quel silenzio!

 

Il silenzio

Ascolta, figlio, il silenzio.
È un silenzio ondulato,
un silenzio,
dove scivolano valli ed echi
e che inclina le fronti
al suolo.

Federico Garcia Lorca, da Poema del Cante Jondo, 1921, traduzione di Carlo Bo.

°°°

Silenzio:
graffia la pietra
la voce delle cicale

Matsuo Bashō, da Il fiore della poesia giapponese da Bashō all’Ottocento, traduzione di Elena Dal Pra, Mondadori.

°°°

Parla per me, silenzio

Oggi non era un giorno di parole,
con mire di poesie e di discorsi,
né c’era strada che fosse la nostra.
A definirci bastava solo un atto,
e visto che a parole non mi salvo,
parla per me, silenzio, ch’io non posso.

°°°

Com’è fondo il silenzio

Com’è fondo il silenzio tra le stelle.
Non un suon di parola si propaga,
né cinguettio di favolosi uccelli.
Ma là, tra quelle stelle, dove siamo
un astro rinnovato, là si sente
quell’intimo rumor che apre le rose.

poesie di  José Saramago,  da Le poesie possibili, in Poesie, Einaudi, traduzione di Fernanda Toriello.

*ascoltando: Simon & Garfunkel – The Sound of Silence; Depeche Mode – Enjoy the Silence.

Lista delle cose da fare: 3 – respirare come il mare

Il mare

Sorride da lontano.
Denti di spuma,
Labbra di cielo.

 

Federico Garcia Lorca

 

imparare dalmare

 

Il mare non si ferma mai, respira seguendo soltanto il ritmo antico della natura.
Il mare respira libero.

 

Onda che, avvolta torni,
breve, al mare che ti portò,
e al recedere ti frastorni
come se il mare non fosse,

perché porti con te
solo la tua cessazione,
e, nel tornare al mare antico,
non porti il mio cuore?

È tanto tempo che l’ho
che mi pesa di sentirlo.
Portalo nel suono senza misura
con cui ti odo fuggire.

Fernando Pessoa,  da Poesie in Poesie scelte, traduzione di Luigi Panarese, Passigli Poesia.

 

 

Come se il mare separandosi
svelasse un altro mare,
questo un altro, ed i tre
solo il presagio fossero

d’un infinito di mari
non visitati da riva –
il mare stesso al mare fosse riva-
questo è l’eternità.

Emily Dickinson, n. 695, da Tutte le poesie, traduzione di Marisa Bulgheroni, Mondadori.

 

 (da Mediterraneo)

Antico, sono ubriacato dalla voce
ch’esce dalle tue bocche quando si schiudono
come verdi campane e si ributtano
indietro e si disciolgono.
La casa delle mie estati lontane,
t’era accanto, lo sai,
là nel paese dove il sole cuoce
e annuvolano l’aria le zanzare.
Come allora oggi la tua presenza impietro,
mare, ma non più degno
mi credo del solenne ammonimento
del tuo respiro. Tu m’hai detto primo
che il piccino fermento
del mio cuore non era che un momento
del tuo; che mi era in fondo
la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso
e insieme fisso:
e svuotarsi così d’ogni lordura
come tu fai che sbatti sulle sponde
tra sugheri alghe asterie
le inutili macerie del tuo abisso.

Eugenio Montale,  da Ossi di seppia, Mediterraneo, in Montale – Tutte le poesie, Mondadori.

*ascoltando: Otis Redding – Sittin’ on the dock of the bay https://www.youtube.com/watch?v=rTVjnBo96Ug, Cat Stevens – Kypros https://www.youtube.com/watch?v=CXpfzaxgUnY

sabbia e mare