Nel labirinto

 da che parte2

Se ritrovare sé stessi fosse facile anche solo  la metà di quanto lo è perdersi, sarebbe (forse) possibile andare a sbattere un po’ meno contro questi specchi da Luna Park. Ma l’uscita c’è: non è impossibile trovarla (forse).

Labirinto

– e ora qualche passo
da parete a parete,
su per questi gradini
o giù per quelli,
e poi un po’ a sinistra,
se non a destra,
dal muro in fondo al muro
fino alla settima soglia,
da ovunque, verso ovunque
fino al crocevia
dove convergono
per poi disperdersi
le tue speranze, errori, dolori,
sforzi, propositi e nuove speranze.

Una via dopo l’altra,
ma senza ritorno.
Accessibile soltanto
ciò che sta davanti a te,
e laggiù a mo’ di conforto,
curva dopo curva,
e stupore su stupore,
e veduta su veduta
Puoi decidere
dove essere o non essere,
saltare, svoltare
pur di non lasciarsi sfuggire.
Quindi di qui o di qua
magari per di lì,
per istinto, intuizione,
per ragione, di sbieco,
alla cieca,
per scorciatoie intricate.
Attraverso infilate di file
di corridoi, di portoni,
in fretta, perché nel tempo
hai poco tempo
da luogo a luogo,
fino a molti ancora aperti,
dove c’è buio ed incertezza
ma insieme chiarore, incanto
dove c’è gioia, benché il dolore
sia pressoché lì accanto
e altrove, qua e là,
in un altro luogo e ovunque
felicità nell’infelicità
come parentesi dentro parentesi,
e così sia,
e d’improvviso un dirupo
un dirupo, ma un ponticello
un ponticello, ma traballante,
traballante, ma c’è solo quello,
perché un altro non c’è.
Deve pur esserci un’uscita,
è più che certo.
Ma tu non la cerchi,
è lei che ti cerca,
e lei fin dall’inizio
che ti insegue
e il labirinto
altro non è
se non la tua, finché è possibile,
la tua, finché è tua
fuga, fuga –

Wislawa Szymborska, da Due punti/Qui, Libri Scheiwiller, a cura di  Pietro Marchesani

*ascoltando Cream – Crossroads https://www.youtube.com/watch?v=PE9HvSdcaL4

Ancora sui labirinti: http://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/04/09/come-si-esce-dal-labirinto/

Come si esce dal labirinto?

labirinto di Sigurtà Parco

Come si esce dal labirinto?

Seguendo il filo dei ricordi? O forse il filo della fantasia?

Con ali di cera o con passi  incerti ma “pensati”?

E se poi usciamo veramente?

Il labirinto

Zeus non potrebbe sciogliere le reti
di pietra che mi stringono. Ho scordato
gli uomini che fui; seguo l’odiato
sentiero di monotone pareti
ch’è il mio destino. Dritte gallerie
che si curvano in circoli segreti,
passati che sian gli anni. Parapetti
in cui l’uso dei giorni ha aperto crepe.
Nella pallida polvere decifro
orme temute. L’aria m’ha recato
nei concavi crepuscoli un bramito
o l’eco d’un bramito desolato.
Nell’ombra un Altro so, di cui la sorte
è stancare le lunghe solitudini
che intessono e disfanno questo Ade
e bramare il mio sangue, la mia morte.
Ci cerchiamo l’un l’altro. Fosse almeno
questo l’ultimo giorno dell’attesa.

Jorge Luis Borges, da Elogio dell’ombra, Einaudi, Torino, 1971, traduzione di Francesco Tentori Montalto

  * ascoltando Elisa – Labyrinth https://www.youtube.com/watch?v=nYlLOFFpU84