Vorrei chiederti perché non liberi il suono delle nuvole tra i tuoi pensieri cadute: dove hai chiuso le note che ti sfiorano da sempre? Perché non canti? Ricordati dell’albero che dà voce al vento, e della neve che è musica nei suoi cristalli di silenzio. Non nasconderti, dov’è la tua voce?
Irene Marchi, da L’uso delle parole e delle nuvole, Cicorivolta Editore, 2020
Quanti brani comprende la colonna sonora della tua vita (fino ad oggi)?
Colonna sonora
Bach giardini di Versailles Mingus la mattina a Venezia I Beatles la finestra del liceo Lou Reed le botte con la polizia I King Crimson una donna È necessario che spieghi?
Vivaldi un campeggio in Spagna Archie Sheep i miei amici arrabbiati Rolling Stones voglia di scopare Dalla i colli in macchina Joe Cocker il mio ospedale A voi non è mai capitato?
Ciajkovskij gioventù e pugnette Coltrane la pioggia a Reggio Verdi mio zio cacciatore Brel la mia stanza a Parigi e Mama Bea un’altra donna E mentre scrivo ascolto Brahms. E voi? Avete una colonna musicale per la vostra vita a colori?
Stefano Benni, da Prima o poi l’amore arriva, 1981
Che musica ascolti appena puoi? Che cosa stai ascoltando in questo momento?
Amica ti contemplo mentre suona
Amica ti contemplo mentre suona
lusi indescai uiz daiamons le tue due trecce nostalgiche del collegio di suore una grande casa dove l’amore tendeva le sue imboscate nei libri di messa i segni che ti lasciò in fronte la varicella ti vedo la bocca amore di scogliere dove frange la tua voce… e ugualmente vedo i segni del tempo consumato al mio fianco – la musica è finita – raccolgo lo sguardo e torno a farlo passare sul tuo braccio sulla tua manica dove sono le sette di sera e lo alzo fino al cielo inanimato che oggi minacciava pioggia.
Il vento scuote allori e pini. Ai vetri, giù acqua. Tra fumi e luci la costa la vedi a tratti, poi nulla. La mattinata si affina nella stanza tranquilla. Un filo di musica rock, le matite, le carte. Sono felice della pioggia. O dèi inesistenti, proteggete I’idillio, vi prego. E che altro potete, o dèi dell’autunno indulgenti dormenti, meste di frasche le tempie? Come maestosi quei vostri luminosi cumuli! Quante ansiose formiche nell’ombra!
Se una canzone ti fa solo male, perché continui ad ascoltarla?
Canzone per cantare una canzone
È musica… Persiste,
fa male all’anima.
Viene talora da un tempo remoto,
da un’epoca impossibile
persa per sempre.
Va oltre i confini della musica.
Ha corpo, profumo,
è come la polvere di una vicenda imprecisa,
di un ricordo che non si è mai vissuto,
di una vaga speranza irrealizzabile.
Si chiama semplicemente:
Canzone
C’è uno spazio tra la pioggia e il silenzio, tra i nostri passi e un sorriso, tra la notte e i sogni che vorremmo; c’è uno spazio tra i nostri mondi e il loro limite: uno spazio fatto di musica. È già molto.
Esiste la musica. Esiste proprio, come lenzuolo lampada orologio e casa, come nuvola, quel suo disumano orto d’intenzione di ascoltare l’anima esiste. Come domino di note che si crollano addosso e fanno insieme. Insieme si fanno, e sono fatte musica. Qualcosa che abbiamo perduto o dimenticato o rotto forse per mani troppo grevi, qualcosa di spezzato. Un silenzio eseguito un’anima di ghiaccio conservata sotto sale. Ma cosa cosa ho perduto io, mentre ti ascolto cara faccia del nulla caro amore senza direzione care ossa: grazie grazie c’è stato qualcuno prima di me. È ora di affrontare la musica.
Chandra Livia Candiani, da La bambina pugile, Einaudi, 2014
(testo: Forse è soltanto un po’ più in là/la strada giusta per andare/dammi la mano per trovare/la terra dove non è freddo mai/e musica/e sempre musica/e ovunque musica/larghi campi di fragole/ed il tempo di ridere./Ed è soltanto un po’ più in là/dammi la mano, voglio andare/e poi fermarmi a respirare/quel vento caldo che c’è là/e musica/e sempre musica/e ovunque musica/e su di noi le nuvole/non si fermano mai…/è forse un po’ più in là/soltanto un po’ più in là/la terra da trovare/e solo un po’ più in là/è il tempo di guardare/le nuvole passare/e là non è freddo mai.)
Da piccoli avrebbero dovuto insegnarci a riconoscere la musica, la luce e il colore che avevamo dentro di noi. Poi sarebbero servite indicazioni su come non far soffocare dal tempo quella musica, quella luce e quel colore.
Ma che festa è questa? Qualcuno riaccenda la luce e la musica!
Ho la musica dentro. Lei mi abita quando mi alzo lei già mi aspetta quando cammino lei mi cammina davanti io sto sempre danzando nella mia carne sto sempre sentendo un suono che la mia anima sa che esiste malgrado la dissonanza della mia vita.
Vera Lùcia de Oliveira, da Il denso delle cose: antologia poetica, Lecce, Besa Editrice, 2007
Morire alla mia musica! Ribolli! Ribolli! Tienimi finché l’Ottava corre! Presto! Irrompi dalle Finestre! Ritardando! La Fiala è rimasta, e il Sole!
Emily Dickinson, traduzione di Giuseppe Ierolli
Lasciate che la poesia ribolla in me! Che ribolla sempre, senza interruzione! Chiede Emily Dickinson. Voglio vivere finché le ottave della mia ispirazione continuano a correre veloci, fino a quando la musica corre nella mia mente e irrompe fuori da quelle finestre che mi tengono avvinta. Voglio vivere fino a quando arriverà il momento del “ritardando”, quando risuoneranno lente le ultime note e resterà soltanto la fiala, il fragile contenitore che teneva dentro di sé le note che sono ormai sparse per il mondo. Questo chiede la poetessa: chiede di morire suonando la propria musica, che per lei era la sua poesia. Come non essere d’accordo con lei?
«La terra ha musica per coloro che ascoltano.» W. Shakespeare
Musica.
Che rapisce e sa unire, chi è vicino e chi è(ra) lontano. La musica come la poesia: note o parole, ritmo lento o veloce, se “arriva” non te la togli dalla testa. A volte risveglia, a volte culla, spesso ti fa ballare.
La musica
Quante volte la musica m’afferra come un mare! Alla mia bianca stella sotto un arco di bruma o nell’etere immenso volgo la vela;
proteso il petto in avanti, come tela gonfi i polmoni, scalo dei flutti l’ispida catena che la notte mi vela.
E sento le stesse passioni in me vibrare d’una nave che soffre; il vento propizio, la convulsa tempesta
sul precipizio enorme mi cullano. Altre volte bonaccia, vasto specchio del mio tormento…
Charles Baudelaire, da Spleen e Ideale, tratta da I fiori del male e altre poesie, Einaudi, traduzione di Giovanni Raboni
Esiste la musica. Esiste proprio, come lenzuolo lampada orologio e casa, come nuvola, quel suo disumano orto d’intenzione di ascoltare l’anima esiste. Come domino di note che si crollano addosso e fanno insieme. Insieme si fanno, e sono fatte musica. Qualcosa che abbiamo perduto o dimenticato o rotto forse per mani troppo grevi, qualcosa di spezzato. Un silenzio eseguito un’anima di ghiaccio conservata sotto sale. Ma cosa cosa ho perduto io, mentre ti ascolto cara faccia del nulla caro amore senza direzione care ossa: grazie grazie c’è stato qualcuno prima di me; è ora di affrontare la musica.
Chandra Livia Candiani,da La bambina pugile, Einaudi, 2014
Musica ribelle
(…) Ma da qualche tempo è difficile scappare, c’è qualcosa nell’aria che non si può ignorare è dolce, ma forte e non ti molla mai è un’onda che cresce e ti segue ovunque vai
È la musica, la musica ribelle che ti vibra nelle ossa che ti entra nella pelle che ti dice di uscire che ti urla di cambiare di mollare le menate e di metterti a lottare (…)