Una poesia non mente, sente

dal saggio "Quello che resta da fare ai poeti", inviato da Umberto Saba alla rivista fiorentina "La Voce" nel febbraio 1911

dal saggio “Quello che resta da fare ai poeti”, inviato da Umberto Saba alla rivista fiorentina “La Voce” nel febbraio 1911

Una poesia non può mentire, ma solo sentire. Non è opportuno indagare troppo, chiedere  con insistenza – che caspita volevi dire, poeta? – va bene anche un senso sfumato, non del tutto afferrato. Ma  una cosa è certa: chi ha scritto quelle righe andate a capo troppo spesso (citando Erri De Luca) non si è inventato nulla, perché è impossibile inventarsi una poesia, le parole sarebbero orfane di emozione.  Una poesia nasce perché si sente. Le parole scritte in una poesia  potranno essere giuste o sbagliate per chi legge, ma per il poeta erano senz’altro vere, nel momento in cui le ha scritte.

Lo zen e l’arte della poesia

Abbandono la mente,
lascio che penna, respiro,
il movimento delle immagini dentro
e fuori la bocca
sia calmo, sia ritmico
come il sollievo e il reflusso dell’onda
come uno seduto in posizione del loto
sopra il mondo
muove la penna tanto piano
da appena macchiare il foglio,
fermo il respiro
nella gabbia luminosa del costato
finché il cuore
è solo la vivida lucerna
che il respiro aumenta
e la penna scrive
quel che il cuore detta
e il mondo intero scurisce,
s’oscura,
tranne le dure, le chiare stelle
laggiù.

Erica Jong, da Blood & Honey, a cura di Rosaria Lo Russo,  Bompiani, 2001

* ascoltando https://www.youtube.com/watch?v=Phk_o91gzEU dal film “La tigre e la neve”; https://www.youtube.com/watch?v=dtx5IKB4wTw dal film “Il postino”