Siamo logici! (Consiglio un libro – n. 7)

L'infinito di Leopardi (quello vero)

I poeti (classici e moderni), con il loro continuo borbottio metaforico  e con le loro immagini assurde, proprio non ti vanno giù? Pensi che poeti e poetastri si siano sempre fatti,  e ancora continuino a farsi, dei grandissimi film mentali? Adesso puoi vendicarti con garbo (senza arrivare – mi raccomando! –  a queste conclusioni estreme di cui parlavo qualche tempo fa) leggendo un libro insolito e divertentissimo. Alberto Piancastelli in Pignolerie, con un’ironica, meticolosa e logicissima pignoleria, appunto, ci fa divertire facendo scientificamente “a pezzi” le poesie più famose e studiate dei poeti classici italiani. Un libro gustosissimo…

anche (o soprattutto) per chi, in fin dei conti, i poeti non li detesta. emoticon-faccina-arrossata

 

«Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando…»

Leopardi sale su un colle per contemplare il panorama, ma una siepe gli impedisce di vedere bene l’orizzonte.

Una persona normale si sarebbe spostata di qualche metro e sarebbe finita lì. Ma Leopardi è Leopardi. Non si sposta e ci informa che la siepe non gli copre del tutto la vista dell’orizzonte, ma “tanta parte”.

Tanta parte quanta?

Difficile dirlo… tanto, poco… sono termini che non definiscono  quantità certe.

La parte esclusa, per esser “tanta”, dovrebbe essere almeno la maggioranza dell’orizzonte, ma non la totalità.

Quindi, anche solo un punto percentuale più del 50%, fino a un massimo del 99%.

Un 1% minimo dell’orizzonte bisogna che Leopardi riesca a vederlo, se no avrebbe detto “da tutto l’orizzonte il guardo esclude”. In tal caso la poesia l’avrebbe potuta intitolare direttamente “Siepe”, ma non credo avrebbe avuto lo stesso successo. (…)

Leopardi pare però rammaricarsi in particolare del fatto che la siepe gli escluda la vista dell’ultimo orizzonte. Di questo non serve che si rammarichi, perché l’orizzonte non poteva essere l’ultimo (…) L’ultimo orizzonte può esser solo il più lontano fra tutti quelli che fanno parte di una serie. (…) Non è che dal colle Leopardi potesse vedere trenta orizzonti, e quindi ce n’era un primo, un sesto e un ultimo impallato dalla siepe. (…) Per poter  descrivere l’ultimo orizzonte però avrebbe potuto scrivere L’Infinito dalla cima dell’Everest nel 1819. Ipotesi azzardata, ma che non possiamo escludere a priori. In fondo amava isolarsi, e in Himalaya avrebbe trovato le condizioni ideali per esprimere la sua capacità di astrazione metafisica.

Immagino gli scettici:

“Ma figurati, non è possibile, non aveva il fisico né l’abbigliamento adeguato, le bombole di ossigeno…”.

Lascia stare! Leopardi non usava parole a vanvera. L’ultimo orizzonte poteva vederlo solo da là. Come ci sia salito è un’altra storia.

Piuttosto la siepe.

Che tipo di siepe potrebbe attecchire sull’Everest? (…)

Alberto Piancastelli, da Pignolerie (pp. 131-136), Quodlibet Compagnia Extra, 2020

♦ ascoltando  Supertrump –The Logical Song https://www.youtube.com/watch?v=low6Coqrw9Y