Trova il tuo nome

 

pioggialeggera

“È bello se qualcuno ci dà un nome nuovo, segno di un nuovo stato dell’essere. Ma è ancora più bello trovarsi da sé il proprio nome spirituale nella natura. Come facevano i Nativi americani: andando nel bosco o nella prateria, si “sente” arrivare il proprio nome. Si tratta solo di accoglierlo (…) Può anche succedere che il nome cambi, magari dopo anni. Il nome che si riceve può essere detto ad altri: non è nulla di esoterico o magico, né c’è da vergognarsene. È solo una poesia vivente, un gioco profondo che ci insegna il mondo.”
Stefano Fusi, da
Spirito naturale, Tecniche Nuove Editore, 2007

 E tu, con quale nome vorresti sentirti chiamare, dalla natura?

 

Il mio nome

Una sera che il prato era verdeoro e gli alberi,
marmo venato alla luna, si ergevano come nuovi mausolei
nell’aria fragrante, e la campagna tutta palpitava
di strida e brusii di insetti, io stavo sdraiato sull’erba,
ad ascoltare le immense distanze aprirsi su di me, e mi chiedevo
cosa sarei diventato e dove mi sarei trovato,
e per quanto a malapena esistessi, per un attimo sentii
che il cielo vasto e affollato di stelle era mio, e udii
il mio nome come per la prima volta, lo udii come
si sente il vento o la pioggia, ma flebile e distante
come se appartenesse non a me ma al silenzio
dal quale era venuto e al quale sarebbe tornato.

Mark Strand, da Uomo e cammello, 2006, in Mark Strand, Tutte le poesie, Mondadori, 2019, traduzione di Damiano Abeni con Moira Egan

∗∗∗

My Name

Once when the lawn was a golden green
and the marbled moonlit trees rose like fresh memorials
in the scented air, and the whole countryside pulsed
with the chirr and murmur of insects, I lay in the grass,
feeling the great distances open above me, and wondered
what I would become and where I would find myself,
and though I barely existed, I felt for an instant
that the vast star-clustered sky was mine, and I heard
my name as if for the first time, heard it the way
one hears the wind or the rain, but faint and far off
as though it belonged not to me but to the silence
from which it had come and to which it would go.

Progetti serali

luna

“Apri il libro della sera…” e vai dove vuoi.

Luna

Apri il libro della sera alla pagina
in cui la luna, sempre la luna, ancora appare
tra due nuvole, muovendosi così lenta che sembrano
trascorse ore prima che passi alla pagina seguente
dove la luna, ora più luminosa, spalanca un sentiero
per condurti via da tutto quello che sai
nei luoghi in cui tutto quello che hai desiderato si avvera,
la sua sola sillaba come una frase sospesa
al margine del senso, in attesa che tu ne pronunci il nome
un’altra volta, sollevando gli occhi dalla pagina
chiudendo il libro, sentendo ancora com’era
restare in quella luce, nell’inatteso paradiso del suono.

Mark Strand, da Man and Camel, 2006

*ascoltando Angelo Branduardi – La luna https://www.youtube.com/watch?v=tCk8heLE4tU

E le pianure?

 collina

Eppure i libri di geografia parlavano anche di pianure (?).

La collina

Sono arrivato fin qui con le mie gambe,
perso l’autobus, persi i taxi,
sempre in salita. Un piede avanti all’altro,
è così che faccio.

Non mi inquieta, il modo in cui continua la collina.
Erba lungo la strada, un albero che fa risuonare
le foglie nere. E allora?
Più cammino, più mi allontano da tutto.

Un piede avanti all’altro. Passano le ore.
Un piede avanti all’altro. Passano gli anni.
I colori dell’arrivo svaporano.
È così che faccio.

The Hill

I have come this far on my own legs,
missing the bus, missing taxis,
climbing always. One foot in front of the other,
that is the way I do it.

It does not bother me, the way the hill goes on.
Grass beside the road, a tree rattling
its black leaves. So what?
The longer I walk, the farther I am from everything.

One foot in front of the other. The hours pass.
One foot in front of the other. The years pass.
The colors of arrival fade.
That is the way I do it.

Mark Strand, da Darker-1970, in L’uomo che cammina un passo avanti al buio – Poesie 1964-2006, traduzione di Damiano Abeni

*ascoltando Metallica – To Live Is To Die https://www.youtube.com/watch?v=k7_hwgD1ugg

Poesia. Perché no?

poesia 21 marzo

Per la Giornata Mondiale della Poesia (21 marzo,  istituita dall’UNESCO nel 1999), Lapoesianonsimangiablog smentisce il suo stesso nome  e apre con questa poesia di Mark Strand… in cui si mangia poesia, appunto, e con gustosa felicità:

Mi cola inchiostro dagli angoli della bocca.
Non c’è contentezza come la mia.
Ho mangiato poesia.

La bibliotecaria pensa di avere le traveggole.
Ha gli occhi afflitti
e cammina con le mani tra le pieghe del vestito.

Le poesie sono svanite.
La luce è fioca.
I cani sono sulle scale della scantina e salgono.

Roteano gli occhi,
le zampe bionde bruciano come stoppie.
La povera bibliotecaria comincia a battere i piedi e piange.

Non capisce.
Quando mi inginocchio e le lecco la mano,
urla.

Sono un uomo nuovo.
Le ringhio contro e abbaio.
Faccio le feste felice nel buio libresco.

Mark Strand, da Motivi per muoverci, 1968, in L’uomo che cammina un passo avanti al buio, Mondadori, traduzione di Damiano Abeni, Milano, 2011

… a seguire, una poesia per dare voce ai dubbi un po’ rassegnati di una poetessa  che si domanda il  perché (e anche il per chi) dello scrivere poesia:

A una poesia non ancora nata

Davanti a un tè ci domandiamo perché scriviamo poesie.
Dieci persone le leggono, in ogni caso.
A tre non piacciono
per partito preso.
Tre provano un vago struggimento
ma devono pensare ai rubinetti che perdono
e al traffico cittadino.
A due piacciono
e non avrebbero problemi a dirtelo,
ma non sanno come.
Un’altra è tutta presa a preparare domande
sulle facili ironie
e sulla politica dell’identità.
La decima si chiede
se porti le lenti a contatto.

E noi
corrotti come chiunque altro
da un mondo assuefatto
ai carboidrati
e alle parole,

brancoliamo ancora
fra tramonti, metrica e
schegge di speranza

per un istante
liberi
dal terribile contagio
dell’abitudine.

Arundhathi Subramaniam, da L’India dell’anima – Antologia di poesia femminile indiana contemporanea in lingua inglese (Le Lettere, 2006), traduzione di Andrea Sirotti

Per chiudere, un accorato invito a chi ha ancora voglia di scrivere poesia (già riportato, insieme ad altri testi, qui: http://lapoesianonsimangia.myblog.it/2016/03/20/21-marzo-giornata-mondiale-della-poesia/)

Voce attiva

Canta, poeta, canta!
Violenta il silenzio conformato.
Acceca con un’altra luce la luce del giorno.
Inquieta il mondo quieto.
Insegna ad ogni anima la sua ribellione.

Miguel Torga (São Martinho de Anta, 1907-1995), da “Poesia”, n. 182, aprile 2004, traduzione di Daniela Di Pasquale.

*ascoltando Yann Tiersen – Porz Goret https://www.youtube.com/watch?v=KwwwWz6Ef3I