Lista delle cose da fare: 9 – alzare lo sguardo e guardare gli alberi

“Parla ascolta rispondimi
ciò che dice il tuono
lo comprende il bosco”
Octavio Paz, da Durata, IV,  in Salamandra (in Il fuoco di ogni giorno).

alberi

 

Dicono che abbracciare gli alberi faccia bene al corpo e alla mente: l’energia positiva che se ne riceve pare possa anche aiutare a ridimensionare un po’ le ansie e i problemi… vale la pena tentare!

Ma anche solo alzare lo sguardo verso l’alto, ogni tanto, e provare a percepire il respiro lento di quei rami, verdi o spogli che siano, un po’ riesce a calmare (anche se lo sguardo  vorrebbe rimanere tenacemente attaccato al suolo… forse in cerca di soluzioni?).

 

Alberi

In gergo
la gente chiama foglie
orecchie
come se avvertisse che
conoscono la musica.
Ma la lingua verde degli alberi
è un ben più antico gergo.
Chi può sapere ciò che essi dicono
quando parlano agli uomini.
Gli alberi parlano albero
come i fanciulli parlano fanciullo.
Quando un figlio
di donna e d’uomo
rivolge la parola ad un albero
l’albero  risponde
il fanciullo capisce

Jaques Prévert, da Alberi, traduzione di Roberto Carifi, Guanda Editore.

 

Tante foreste

Tante foreste strappate alla terra
e massacrate
distrutte
rotativizzate

Tante foreste sacrificate per la pasta da carta
di miliardi di giornali che attirano annualmente l’attenzione dei lettori
sui pericoli del disboscamento delle selve e delle foreste.

Jaques Prévert, da Poesie, traduzione di G.D. Giaghi, Guanda Editore.

 

Cuore di legno

Il mio vicino di casa è robusto.
È un ippocastano di corso Re Umberto,
ha la mia età ma non la dimostra.
Alberga passeri e merli, e non ha vergogna,
in aprile, di spingere gemme e foglie,
fiori fragili a maggio,
a settembre ricci dalle spine innocue
con dentro lucide castagne tanniche.
È un impostore, ma ingenuo: vuole farsi credere
emulo del suo bravo fratello di montagna
signore di frutti dolci e di funghi preziosi.
Non vive bene. Gli calpestano le radici
i tram numero otto e diciannove
ogni cinque minuti; ne rimane intronato
e cresce, storto, come se volesse andarsene.
Anno per anno, succhia lenti veleni
dal sottosuolo saturo di metano;
è abbeverato d’orina di cani,
le rughe del suo sughero sono intasate
dalla polvere settica dei viali;
sotto la scorza pendono, crisalidi
morte, che non saranno mai farfalle.
Eppure, nel suo tardo cuore di legno
sente e gode il tornare delle stagioni.

Primo Levi, da Ad ora incerta, 1984, Garzanti.

 

Prossimo lontano

Ieri sera un frassino
sul punto di dirmi
qualcosa – tacque

Octavio Paz, da Versante Est (1962-1968), in Il fuoco di ogni giorno, traduzione di Ernesto Franco.

P.S. Metto qui sotto anche una mia poesia non perché mi ritenga “poeta” come gli scrittori sopracitati, ovviamente, ma perché davvero questa poesia l’ho “provata” e un po’ funziona (mi piacerebbe sapere se qualcuno ha avuto la stessa esperienza di consolazione…).

Guarda gli alberi

Ti seguono ovunque
quelle ombre di pensieri
assordanti
quella presenza di una vita
assente
quella sicura incertezza
nella mente, nel corpo.
Ma alza gli occhi, guarda gli alberi,
non è una moda
gli alberi sono anche tuoi
e tra i rami
il cielo
trattenuto delle foglie:
non cade  a novembre.
Alza gli occhi,
gli alberi  non  ti chiederanno cosa fai,
cosa sei diventato.

Irene Marchi,  da Fiori, mine e alcune domande, 2015, Sillabe di Sale Editore

*ascoltando: Jethro Tull – Songs From The Wood; John Butler Trio – Trees; Paul McCartney – Little Willow; The Cure – A Forest.

(ancora alberi da abbracciare, qui: https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/07/31/abbraccia-un-albero/)

alberid

 

Le favole?

fiaba

Illustrazione tratta da Pervinchetta di Rita Breda Paltrinieri, Vallardi, 1950, Milano, p. 7

“In ogni istante della nostra vita abbiamo un piede nella favola e l’altro nell’abisso”. (Paulo Coelho)

Quante favole ci raccontiamo da soli, e come desideriamo crederci! Poi arriva un lupo più vorace, un mostro che non lascia scampo o una strega più crudele e rotoliamo (malamente) a terra da quel punto lassù dove ci piaceva sfogliare quelle pagine immaginarie. E tu, credi ancora alle favole?

Fiaba

Età di fuoco e d’aria
Infanzie d’acqua
Dal verde al giallo
Dal giallo al rosso
Dal sogno alla veglia
Dal desiderio all’atto
Solo si dava un passo che tu facevi senza sforzo
Gli insetti erano gioielli animati
Il calore riposava al bordo dello stagno
La pioggia era un salice dai capelli sciolti
Nel palmo della tua mano cresceva un albero
Quell’albero cantava rideva e profetizzava
I suoi vaticini coprivano d’ali lo spazio
C’erano miracoli semplici chiamati uccelli
Tutto era di tutti
Tutti erano tutto
C’era solo una parola immensa e senza rovescio
Parola come un sole
Un giorno si ruppe in frammenti minuscoli
Sono le parole del linguaggio che parliamo
Frammenti che mai si uniranno
Specchi rotti dove il mondo si guarda infranto

Octavio Paz, da Libertà sulla parola (1955-1957), in Il fuoco di ogni giorno, traduzione di Ernesto Franco.

 

L’albergo delle fiabe

Di notte, quando dormono i bambini,
tutti, ma proprio tutti i personaggi
delle fiabe più amate se ne vanno
in uno strano albergo sulle nubi.
E c’è chi si riposa dalle tante
e tante prove appena superate,
con l’Orco s’intrattengono le Fate,
Biancaneve sorride alla Matrigna,
il Lupo russa e mentre russa ghigna,
Cenerentola lustra la scarpetta,
Pelle d’Asino aspetta
il Gatto che si sfila gli stivali,
cerca le sue pietruzze Pollicino
nel fondo del giardino,
Alice fa le smorfie nello specchio,
Pinocchio riempie un secchio
di bugie tutte nuove,
e c’è chi in quella folla così varia
si ripete la parte
che affronterà con arte
chiamato da un bambino
nella sua stanza, al sole del mattino.

 Elio Pecora, da L’albergo delle fiabe e altri versi, 2007, Orecchio acerbo Editore.

* Ascoltando: Ogni favola è un gioco https://www.youtube.com/watch?v=53cBtCmkRa0 e L’isola che non c’è https://www.youtube.com/watch?v=HypyE4wHGgY, entrambe di Edoardo Bennato.

 

Lista delle cose da fare: 5 – accettare la nebbia

nebbia1-222x300 copia

Accettare la nebbia, quando arriva. Anche quella “dove non si vede a un passo” (come cantava Lucio Battisti).  Prima o poi dovrà tornare una finestra di cielo limpido. E magari ci saranno anche dei fiori.

Sereno

Dopo tanta
nebbia
a una
a una
si svelano
le stelle

Respiro
il fresco
che mi lascia
il colore del cielo

Mi riconosco
immagine
passeggera

Presa in un giro
Immortale

Giuseppe Ungaretti,  da L’allegria 1914-1919, in Girovago.

 

Qui

I miei passi su questa strada
risuonano
in un’altra strada
dove
sento i miei passi
passare in questa strada
dove

solo è reale la nebbia.

Octavio Paz, da Salamandra (1958-1961), in Il fuoco di ogni giorno, traduzione di Ernesto Franco, Garzanti.

 

Portare la nostra parte di notte   ̶
la nostra parte di aurora   ̶
Riempire il nostro spazio di felicità
il nostro spazio di risentimento   ̶

Qui una stella, e là una stella,
alcuni si perdono!
Qui una nebbia, e là una nebbia.
infine   ̶   il giorno!

Emily Dickinson, n. 113, in Tutte le poesie, Mondadori, traduzione di Marisa Bulgheroni.

 

Languore d’inverno:
nel mondo di un solo colore
il suono del vento

Matsuo Basho (1644-1694), da Haiku. Il fiore della poesia giapponese da Basho all’Ottocento, a cura di Elena Dal Pra.

* Mentre si alza la nebbia ascolterei:  Lucio Battisti – Emozioni; PFM – Impressioni di settembre; Pierangelo Bertoli – La nebbia

(Altre “cose da fare”, qui https://lapoesianonsimangia.myblog.it/category/lista-delle-cose-da-fare/).

Lista delle cose da fare: 4 – giocare con le nuvole

“Nuvole… Continuano a passare, continuano ancora a passare, passeranno sempre continuamente, in una sfilza discontinua di matasse opache, come il prolungamento diffuso di un falso cielo disfatto”.

Fernando Pessoa, da Il libro dell’inquietudine

nuvola

Che c’è di strano nell’amare (anche) le nuvole? Anche quelle scure, anche quelle che porteranno la pioggia? E cosa ci vedi, tu, adesso, in quella nuvola lassù?

 

Vanno
vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano
sono nere come il corvo
sembra che ti guardano con malocchio

Certe volte sono bianche
e corrono
e prendono la forma dell’airone
o della pecora
o di qualche altra bestia
ma questo lo vedono meglio i bambini
che giocano a corrergli dietro per tanti metri

Certe volte ti avvisano con rumore
prima di arrivare
e la terra si trema
e gli animali si stanno zitti
certe volte ti avvisano con rumore

Vanno
vengono
ritornano
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più
il posto dove stai

Vanno
vengono
per una vera
mille sono finte
e si mettono li tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto una voglia di pioggia.

Fabrizio De André, dall’album Le nuvole, 1990
 
 

Il giorno apre la mano
Tre nubi
E queste poche parole

 Octavio Paz, da Libertà sulla parola, in Il fuoco di ogni giorno, traduzione di Ernesto Franco.
* ascolterei: Angelo Branduardi – L’uomo e la nuvola https://www.youtube.com/watch?v=Z1HLEAMRxZopoi anche un po’ di silenzio.

Colori

“I colori, come i lineamenti, seguono i cambiamenti delle emozioni”.

Pablo Picasso

 

checolore sei

 

Quale colore sei, tu? O quale colore vorresti che gli altri immaginassero, pensando a te?

E perché l’arcobaleno sta sempre così in alto? Come si fa a raggiungerlo?

 

 

Vidi un cielo azzurro e tutti gli azzurri,
dal bianco al verde
tutto il ventaglio dei pioppi
e sopra il pino, più aria che uccello,
il merlo bianconero.
Vidi il mondo riposare in se stesso.
Vidi le apparenze.
E chiamai quella mezz’ora:
Perfezione del finito.

Octavio Paz, da Versante Est (1962-1968), traduzione di Ernesto Franco, in Octavio Paz,  Il fuoco di ogni giorno, Garzanti.

 

Uno squarcio d’azzurro –
una pennellata di grigio –
qualche chiazza scarlatta per via –
compongono un cielo alla sera.
Un po’ di rosso – passato in mezzo –
dai calzoni rubino messi in fretta –
un’onda d’oro –
una sponda di giorno –
di questo solo è il cielo del mattino.

 

Emily Dickinson, n. 206 da Tutte le poesie, traduzione di Marisa Bulgheroni, Mondadori.

 

 

Portami il girasole ch’io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l’ansietà del suo volto giallino.

Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.

Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.

 

Eugenio Montale, da Ossi di seppia

 

 

*ascoltando: Cat Stavens – Into White;  Cream – White Room; Cyndi Lauper – True Colors.

In viaggio (cercando che cosa?)

Se vuoi vedere le valli, sali in vetta a una montagna,
se vuoi vedere la vetta di una montagna, sali su una nuvola,
se invece aspiri a comprendere la nuvola,

chiudi gli occhi e pensa.
K. Gibran

viaggiare2

Moltissime persone  userebbero la famigerata vincita milionaria per…  viaggiare a lungo,  e viaggiare  è sicuramente uno degli interessi più dichiarati in assoluto quando si tratta di rispondere alla domanda “che cosa ti piace fare?”. Infatti io mi sento “molto strana” perché non sono una grande viaggiatrice (fisica), sono molto gatto in questo senso: ho bisogno dei miei punti di riferimento, però non sono affatto stanziale con i pensieri, anzi, anche troppo in movimento.

In ogni caso, in aereo e con le valigie sempre pronte, o da fermi ma comunque spesso in bilico  sulle nuvole, penso che tutti noi usiamo il viaggio per cercare  un qualcosa che forse non sappiamo nemmeno definire, un “altrove” della nostra anima che possa riempire quello che probabilmente assomiglia molto a un vuoto.

Qui sotto tre immagini di viaggio.
C’è il viaggio come metafora della vita, di  Kostantinos Kavafis:  il poeta afferma che non bisogna avere fretta di giungere a destinazione, alla propria “Itaca”, ma bisogna approfittare del viaggio (e quindi della vita)  per crescere intellettualmente e ampliare il proprio patrimonio di conoscenze:  il senso di Itaca è proprio quello di fungere da stimolo per il viaggio più che da meta da raggiungere fine a sé stessa.
Poi c’è il viaggio di Hermann Hesse: il viaggio come necessità del lontano, quasi come un rimedio alla mancanza di pace interiore.
Infine il viaggio di Octavio Paz, inteso come un continuo camminare sulla strada (ancora la vita). La strada come la reale residenza dell’uomo, che è perennemente in viaggio, perennemente assetato di conoscenza e angosciato dal dubbio del nulla.

Ma adesso, ovunque tu sia e dovunque tu voglia andare, con il corpo o anche solo con i pensieri… buon viaggio!

Itaca

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d’incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo
né nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro,
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente, e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta, più profumi
inebrianti che puoi,
va’ in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Konstantinos Kavafis da Settantacinque poesie, a cura di Nelo Risi e Margherita Dalmati, Einaudi 1992.

Canzone di viaggio

Sole illumina il mio cuore,
vento disperdi le mie pene e i miei lamenti!
Piacere più profondo non conosco sulla terra
se non di andare lontano.

Per la pianura seguo il mio corso,
il sole deve ardermi, il mare rinfrescarmi;
per condividere la vita della nostra terra
dischiudo festoso i miei sensi.

E così ogni nuovo giorno mi deve
nuovi amici, nuovi fratelli indicare,
finché lieto posso tutte le forze celebrare,
e di ogni stella diventare ospite e amico.

Hermann Hesse, da Dal paese di Siddharta, traduzione di Tiziana Prina e Lydia Salerno, Ugo Guanda Editore, 1993.

La strada

È una strada lunga e silenziosa.
Cammino nelle tenebre e inciampo e cado
e mi rialzo e calpesto con passi ciechi
le pietre mute e le foglie secche
e qualcuno dietro di me cammina:
se mi fermo, si ferma;
se corro, corre. Mi volto: nessuno.
Tutto è oscuro e senza scampo,
e svolto e risvolto angoli
che conducono sempre sulla strada
dove nessuno mi aspetta né mi segue,
dove io seguo un uomo che inciampa
e si rialza e dice vedendomi: nessuno.

Octavio Paz, da Il fuoco di ogni giorno, a cura di Ernesto Franco, Garzanti, 1992.

* Ascoltando Lucio Battisti – Sì, viaggiare https://l.facebook.com/l.php?u=https%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DfSDNJzxuVaw&h=lAQFw5I5N