I pesi invisibili

C’è una frase che capita di leggere spesso e che viene attribuita ogni volta a un autore diverso. Dice così: “Sii gentile: ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente”. La trovo una frase molto giusta, chiunque ne sia l’autore (e infatti penso che non dovremmo mai permetterci di dire a qualcuno “sei esagerat*!”, o almeno non prima di aver fatto il proverbiale giro nelle sue scarpe).

Ma adesso, che cosa potremmo  offrire come conforto all’autrice di questa poesia, se fosse ancora in vita? Io vorrei  poterle offrire una tazza di calda leggerezza, per  un attimo di riposo da quel suo peso invisibile ma sempre presente.

***

Oggi ho il cuore freddo e azzurro,
gli occhi di foschia
e le mani gelate.

Ah, madre,
come sono stanca,
stanca.
Non ne posso più di questo peso
questo peso cupo
che porto in spalla.

E questi che mi accompagnano
e mi ascoltano
si guardano e si chiedono,
di che peso parla?

Ah madre,
non sai come sono
stanca.

1941

Idea Vilariño (Montevideo, 1920-2009), da Prime poesie, in Di rose che si aprono nell’acqua, Bompiani, 2021, a cura di Laura Pugno

 

Rotolando

dav

Si sente tutta, la stanchezza descritta in questa poesia: ricorda uno di quei sogni in cui vorremmo correre per scappare da qualcosa di terribile, ma sentiamo le gambe immobili. Per fortuna (in questa poesia) un elemento “gentile”  regala una pausa, un intervallo…

Intervallo

Da lontano arriva rotolando una palla
la palla rotola, spinta da un calcio
viene verso di me ma io sono stanca
un bambino la insegue di corsa
chissà se arriverà fin qui
o forse non ce la farà
quasi vorrei che arrivasse
ma se non arriva, forse sarà meglio
a questo punto, la palla rallenta la corsa
si ferma subito prima di raggiungermi
lasciando una fredda ambigua distanza
fra me che la guardo
e il bimbo che la guardava
i tempi non combaciano
ci siamo io il bambino e la palla
breve intervallo di un confronto senza nome
nessun rammarico
l’incredibile gentilezza della palla
breve intervallo di un confronto senza nome
nessun rammarico
l’incredibile gentilezza della palla

(1997)

Masayo Koike (Tokyo, 1959), da Poeti giapponesi, Einaudi, 2020, traduzione di Maria Teresa Orsi e Alessandro Clementi Degli Albizzi

º ascoltando Avishai Cohen – Emotional Storm https://www.youtube.com/watch?v=JURBuEQA1sM

Ma no, dai…

domani è2 

Ma no,  no… “domani è un altro giorno” non è solo un ricordo cinematografico, è la verità. Perciò domani arriverà. E poi ancora domani, e ancora…

Se morissi stanotte

Se morissi stanotte
se potessi morire
se io morissi
se questo coito feroce interminabile
lottato e senza clemenza
abbraccio senza pietà
bacio senza tregua
raggiungesse il suo apice
e si allentasse
se proprio ora
se ora
socchiudendo gli occhi io morissi
sentissi che è passata
che ormai l’ansia è finita
e la luce non fosse più un fascio di spade
e l’aria non fosse più un fascio di spade
e il dolore degli altri e l’amore e vivere
e tutto non fosse più un fascio di spade
e la facesse finita con me
per me
per sempre
e che non dolesse più
e che non dolesse più.

Idea Vilariño (Montevideo, 1920 – 2009), da Nocturnos / Notturni, 1955, traduzione  di M. Canfield

*ascoltando Fleetwood Mac – Don’t Stop (Thinking About Tomorrow) https://www.youtube.com/watch?v=TytGVo1O3_w

(Meglio fare così: https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/12/31/proposito/).