Parole per ritrovare la strada

sto finendo le parole

Speriamo non finiscano le parole…

Avanzo con cura, lentamente,
lungo un sentiero
che traccio io stessa
passo dopo passo:
per potere tornare
lascio cadere dietro di me
briciole di lettere e di parole.
Sono partita da tanto,
ho terminato
le poche sillabe che m’ero portata
al sacco per provvista.
Per fortuna, ho scoperto
che tutto
può essere trasformato in parole
e ho continuato ad andare avanti
spandendo
le parole di cui mi disfo
come si disfa un vecchio pullover
in grumi di lana infeltrita dal troppo uso.

Ana Blandiana (Timisoara 1942), da Un tempo gli alberi avevano occhi, Donzelli, 2004, traduzione di Biancamaria Frabotta e Bruno Mazzoni

*ascoltando Yann Tiersen – L’ Homme aux Bras Ballants https://www.youtube.com/watch?v=YXvznEXRTB8

 

Parole e silenzi (musica)

Frédéric Chopin -Op. 9 N. 2 - Nocturne

Frédéric Chopin – Op. 9 N. 2 – Nocturne

Non tutto può essere detto (con facilità). Allora, talvolta, lo spazio bianco tra le parole scritte, o il silenzio tra le parole pronunciate porterà il carico di quello che non si riesce a esprimere. A volte sembrerà musica.

Amo il bianco tra le parole,
il loro margine ardente,
amo quando taci
e quando riprendi a parlare,
amo la parola che spunta
solitaria
sullo specchio buio del vocabolario,
e quando sborda, va alla deriva
con deciso smarrimento,
quando si oscura
e quando si spezza,
si fa ombra.
Quando veste il mondo,
quando lo rivela,
quando fa mappa,
quando fa destino.
Amo quando è imminente
e quando si schianta,
quando è straniera,
quando straniera sono io
nella sua ipotetica terra,
amo quello che resta,
dopo la parola detta,
non detta. E quando è proibita
e pronunciata lo stesso,
quando si cerca e si vela,
quando si sposa
e quando è realtà di muri
limite che incaglia al suolo,
quando scorre candida
e corre per prima a bere,
e quando preme alla gola,
spinge all’aperto,
quando è presa a prestito,
quando mi impresta al discorso
dell’altro, quando mi abbandona.
Non voglio una parola di troppo,
voglio un silenzio a dirotto,
non un commercio tra mutezza e voce,
ma una breccia,
una spaccatura che allarga luce,
una pista delle scosse.
Dammi un ascolto che precipita –
parola.
Che nasce.

Chandra Livia Candiani, da La bambina pugile ovvero la precisione dell’amore, Einaudi, 2014

*ascoltando Frédéric Chopin – Nocturne op.9 No.2 https://www.youtube.com/watch?v=9E6b3swbnWg

Le parole come foglie

 vento

 

All’ipotetico lettore

Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro
che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno
la sentirai fuggire. Fa’ che siano
allora come foglie e come vento,
assecondando il suo volo.
E sappi che l’affetto nell’addio
non è minore che nell’incontro. Rimane
uguale e sarà eterno. Ma diverse
sono talvolta le vie da percorrere
in obbedienza al destino.

Margherita Guidacci (Firenze, 1921/Roma 1992), da Anelli del tempo (Edizioni Città di Vita, 1993)

*ascoltando Kiko Loureiro – No Gravity  https://www.youtube.com/watch?v=BSpeVsp6yq0

Parole

melograno

Quando cadono, le parole lasciano sempre un segno. Bello o brutto.
Ma un segno rimane. Qualcosa si è aperto.

Parole

Le parole sono melagrane mature,
cadono a terra
e si aprono.
Tutto l’interno si volge all’esterno,
il frutto denuda il proprio segreto
e mostra il suo seme,
un segreto nuovo.

Hilde Domin, da Con l’avallo delle nuvole – Poesie scelte, a cura di Paola Del Zoppo e Ondina Granato, Del Vecchio Editore

*ascoltando Neil Young – Words (Between The Lines Of Age) https://www.youtube.com/watch?v=qyxDobxSQeY

(Ancora parole, qui: https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2018/03/01/parole/; https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2016/01/04/parole-silenzi/).

Indossiamo parole

parole

Ci vestiamo e ci spogliamo (anche) con le parole

Detto tra noi

Non credere
che non lo sappia
che quando mi parli
la mano della tua mente
senza farsene accorgere
mi sfila le calze,
e si muove cieca e intraprendente
lungo la mia coscia.
Non credere
che non lo sappia
che lo sai
che tutto ciò che dico
è un indumento.

Sous-entendu

Don’t think
that I don’t know
that as you talk to me
the hand of your mind
is inconspicuously
taking off my stocking,
moving in resourceful blindness
up along my thigh.
Don’t think
that I don’t know
that you know
everything I say
is a garment.

Anne Stevenson (1933, Cambridge), da Penguin’s Poems for love, a cura di Laura Barber, Penguin Classics

*ascoltando Avishai Cohen Trio – Eleven Wives https://www.youtube.com/watch?v=9n3g2xhJqx8

 

 

Per quanto?

parole

Per quanto tempo si può volteggiare, prima di cadere?

 

Sempre volteggiano

Sempre volteggiano
al vento più freddo
inermi

volteggiano le mie parole
piumate di nostalgia
senza nido

un tempo contro un sorriso
nessuno regge la vita da solo
volteggiando e roteando.

Hilde Domin (Colonia, 1909 – 2006), da Con l’avallo delle nuvole – Poesie scelte, a cura di Paola Del Zoppo e Ondina Granato, Del Vecchio Editore

 

*ascoltando Joe Satriani – Sleep Walk https://www.youtube.com/watch?v=msq6v1zzZps

Tre cancelli

trecancelli

Mi è utile ricordare spesso questa frase che ho letto anni fa: “I Sufi ci consigliano di parlare soltanto quando le nostre parole sono riuscite a passare attraverso tre cancelli. Al primo cancello ci chiediamo: sono vere queste parole? Se lo sono, le lasciamo passare; se non lo sono, le rimandiamo indietro. Al secondo cancello, ci domandiamo: sono necessarie? All’ultimo cancello, invece, chiediamo: sono gentili?” (di Eknath Easwaran – Kerala, India 1919 – 1999)

E in effetti, una parola (sinceramente) gentile è molto più di una parola.

Una parola gentile

Piuma,
senza fretta
e senza appuntamento
si appoggia

           leggera

– un breve volo
nel silenzio –

sopra il fango
o tra le ciglia di un fiore.

©Irene Marchi 2015

*ascoltando Charlie Wood – One Kind Word https://www.youtube.com/watch?v=GUiAzeaYBLo

(Ancora sulle parole più o meno gentili: https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2018/03/01/parole/; https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/11/28/attenti-alle-parole/).

Le ferite le riconosci

poesia

Nello spazio di una poesia si incontrano almeno due persone:
chi ha scritto e chi si riconosce in quelle parole

Meglio non dire nulla

Meglio non dire nulla.
Sarebbe inutile. È già passato.
Fu una scintilla, un istante. Accadde.
Io accaddi in quell’istante.
Forse anche Lei lo fece.
Succede con le poesie:
finiscon per condensarsi le forme
nei nostri occhi come il vapore
su di un vetro gelato;
le forme, e le ferite.
Chi costruisce il testo
ne sceglie il tono, lo scenario,
dispone prospettive, inventa personaggi,
propone i loro incontri, e gli detta gli impulsi,
ma la ferita no, la ferita va innanzi,
non inventiamo la ferita, andiamo
da lei e la riconosciamo.

Hantal Maillard (1951, Bruxelles), da Matar a Platón, 2004, traduzione di Gloria Bazzocchi

*ascoltando Neil Young – Words (Between the Lines of Age) https://www.youtube.com/watch?v=Ud9tWLvR6xg

Due parole

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Due parole “così vecchie da esser nuove”, due parole così…

 

Due parole

Questa notte all’orecchio m’hai detto due parole.
Due parole stanche
d’esser dette. Parole
così vecchie da esser nuove.

Parole così dolci che la luna che andava
trapelando dai rami
mi si fermò alla bocca. Così dolci parole
che una formica passa sul mio collo
e non oso muovermi per cacciarla.

Così dolci parole
che, senza voler, dico: “Com’è bella la vita!”
Così dolci e miti
che il mio corpo è asperso di oli profumati.

Così dolci e belle
che, nervose, le dita
si levano al cielo sforbiciando.

Oh, le dita vorrebbero
recidere stelle.

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Dos palabras

Esta noche al oído me has dicho dos palabras
comunes. Dos palabras cansadas
de ser dichas. Palabras
que de viejas son nuevas.

Dos palabras tan dulces, que la luna que andaba
filtrando entre las ramas
se detuvo en mi boca. Tan dulces dos palabras
que una hormiga pasea por mi cuello y no intento
moverme para echarla.

Tan dulces dos palabras
que digo sin quererlo -¡oh, qué bella, la vida!-
Tan dulces y tan mansas
que aceites olorosos sobre el cuerpo derraman.

Tan dulces y tan bellas
que nerviosos, mis dedos,
se mueven hacia el cielo imitando tijeras.

Oh, mis dedos quisieran
cortar estrellas.

Alfonsina Storni (1892, Sala Capriasca – Canton Ticino, 1938, Mar del Plata – Argentina), da Il dolce danno, 1918

* ascoltando Eric Clapton – Wonderful Tonight
https://www.youtube.com/watch?reload=9&v=vUSzL2leaFM

Non serviva

petali e petali

Petali e pietre

Ancora pietre
                        e pietre
colpiscono
                       con le parole
– lucide matasse di rabbia –
ma quale spreco di fatica
ché i petali erano già caduti                                     

                       e bastava pestarli.

(©Irene Marchi 2018)

 

*ascoltando The Shadows – Apache https://www.youtube.com/watch?time_continue=64&v=2izTbEyxg0A