E poi (ancora Cortázar – n.2)

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(Ancora Cortázar: https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2019/06/19/ancora-cortazar/)

 

Amo ogni tuo ciglio, ogni tuo capello, ti combatto in candidi corridoi
dove si giocano le fonti della luce,
ti discuto in ogni nome, ti strappo con delicatezza di cicatrice,
a poco a poco ti metto nei capelli cenere di lampi e nastri assopiti nella pioggia.

Non voglio che tu abbia una forma, che sia esattamente
quello che viene dietro la tua mano,
perché l’acqua pensa all’acqua, e ai leoni quando
si sciolgono nello zucchero della fiaba,
e ai gesti, architettura del nulla,
le loro lampade accese a metà dell’incontro.

Ogni domani è l’ardesia su cui ti invento e ti disegno,
pronto a cancellarti, non sei così, neppure con quei capelli lisci, quel sorriso.

Cerco la tua somma, il bordo del bicchiere in cui
il vino si fa luna e specchio,
cerco quella linea che fa tremare un uomo
nella sala di un museo.

E poi ti voglio bene, nel tempo e nel freddo.

°°°

Te amo por ceja, por cabello, te debato en corredores
blanquísimos donde se juegan las fuentes de la luz,
te discuto a cada nombre, te arranco con delicadeza de cicatriz,
voy poniéndote en el pelo cenizas de relámpago y cintas
que dormían en la lluvia.

No quiero que tengas una forma, que seas precisamente
lo que viene detrás de tu mano,
porque el agua, considera el agua, y los leones cuando
se disuelven en el azúcar de la fábula,
y los gestos, esa arquitectura de la nada,
encendiendo sus lámparas a mitad del encuentro.

Todo mañana es la pizarra donde te invento y te dibujo,
pronto a borrarte, así no eres, ni tampoco con ese pelo
lacio, esa sonrisa.

Busco tu suma, el borde de la copa donde el vino es
también la luna y el espejo,
busco esa línea que hace temblar a un hombre
en una galería de museo.

Además te quiero, y hace tiempo y frío.

Julio Cortázar, da Ultimo Round, Bur, 2018, traduzione di Eleonora Mogavero

*ascoltando Eric Clapton, Jimmy Page – Freight Loader https://www.youtube.com/watch?v=1fu9sQX7pHw

 

Ancora (Cortázar)

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Ogni tanto una poesia di Cortázar è necessaria.

Aftermath

Dimmi perché ti desidero  ancora, perché il tuo nome ritorna
come l’ascia alla ferita in un’amara visita di mezzanotte,
ai bordi di un cimitero dove le larve moltiplicano
umide bave, infinito inventario di goffaggini,
dimmelo da quel nulla dietro cui adesso ti barrichi, dimmi
perché mi basta comporre un meccanismo elementare di sillabe,
digitare nel cuore della nebbia le cifre del tuo nome
per essere nella solituidine
sopraffatto dalla  speranza di una impercettibile  migrazione di dita nei miei capelli,
di una fragranza in cui abita il muschio.

°°°

Aftermath

Dime por qué todavía te deseo, por qué tu nombre vuelve como
 el hacha a la herida en una amarga visitación de medianoche, a
la vera de un campo funerario donde las larvas multiplican
húmedas babas, recuento interminable de torpezas, dime desde
esa nada donde ahora te atrincheras, dime por qué me basta
componer un mecanismo elemental de sílabas, discar en el
cogollo de la niebla las cifras de tu nombre
para que solitariamente me
agobie la esperanza de una menuda migración de dedos por mi pelo,

de una fragancia en donde habita el musgo.

Julio Cortázar (Ixelles, Belgio, 1914-1984), da Ultimo Round, Bur, 2018, traduzione di Eleonora Mogavero

*ascoltando  Gary Moore – Still Got The Blues https://www.youtube.com/watch?v=4O_YMLDvvnw

(Altre poesie e prose di Julio Cortázar, qui: https://lapoesianonsimangia.myblog.it/?s=cortazar&submit=Cerca)

Cortázar invece dei cioccolatini

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Visto che si avvicina San… San… come si chiama? ma sì dai,  l’odiata/amata giornata di cuori, cioccolatini e rose, ne approfitto per proporre tre poesie di Julio Cortázar (qui alcune sue pagine di prosa http://lapoesianonsimangia.myblog.it/2018/01/05/in-bicicletta-fuori-tema-n-9/; http://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/12/30/cose-difficili/  http://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/12/22/i-pensieri-dellacqua/; http://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/02/27/un-tiranno/), poesie in tema più che altro con le spine delle rose. Sono proprio le poesie, infatti (queste ma anche  altre), che mi hanno fatto interessare a questo autore  prima ancora di sapere chi fosse: poesie appassionate e disperate, di una passione e disperazione che arriva addosso come un treno e graffia anche il più felice e pacifico dei lettori.
(Buona prossima giornata di San… San… insomma, lui).

Il Futuro

E so molto bene che non ci sarai.
Non ci sarai nella strada,
non nel mormorio che sgorga di notte
dai pali che la illuminano,
neppure nel gesto di scegliere il menù,
o nel sorriso che alleggerisce il “tutto completo” delle sotterranee,
nei libri prestati e nell’arrivederci a domani.

Nei miei sogni non ci sarai,
nel destino originale delle parole,
né ci sarai in un numero di telefono
o nel colore di un paio di guanti, di una blusa.
Mi infurierò, amor mio, e non sarà per te,
e non per te comprerò dolci,
all’angolo della strada mi fermerò,
a quell’angolo a cui non svolterai,
e dirò le parole che si dicono
e mangerò le cose che si mangiano
e sognerò i sogni che si sognano
e so molto bene che non ci sarai,
né qui dentro, il carcere dove ancora ti detengo,
né là fuori, in quel fiume di strade e di ponti.
Non ci sarai per niente, non sarai neppure ricordo,
e quando ti penserò, penserò un pensiero
che oscuramente cerca di ricordarsi di te.

 

Liquidazione di saldi

Mi sento morire, in te, attraversato da spazi che crescono,
farfalle affamate che mi mangiano, appena vivo,
con le labbra aperte dove risale il fiume della dimenticanza.
E tu con delicate pinze di pazienza mi strappi
i denti, le ciglia, mi denudi
Del trifoglio della tua voce, dell’ombra del desiderio
Vai aprendo in mio nome finestre allo spazio
E fori azzurri nel mio petto
Da cui le estati fuggono lamentandosi
Trasparente, affilato, intessuto d’aria
Fluttuo nel dormiveglia, e ancora
Dico il tuo nome e ti sveglio d’angoscia
Però tu ti sforzi e mi dimentichi
Già sono appena la liquida bolla dell’aria
Che ti riflette, che distruggerai
Con un solo palpebrìo.

 

Incarico

Non mi dar tregua, non perdonarmi mai.
Fustigami nel sangue, che ogni cosa crudele sia tu che ritorni.
Non mi lasciar dormire, non darmi pace!
Allora conquisterò il mio regno,
nascerò lentamente.
Non mi perdere come una musica facile, non essere carezza né guanto;
intagliami come una selce, disperami.
Conserva il tuo amore umano, il tuo sorriso, i tuoi capelli. Dalli pure.
Vieni da me con la tua collera secca, di fosforo e squame.
Grida. Vomitami arena nella bocca, rompimi le fauci.
Non mi importa ignorarti in pieno giorno,
sapere che tu giochi, faccia al sole e all’uomo.
Dividilo.

Io ti chiedo la crudele cerimonia del taglio,
ciò che nessuno ti chiede: le spine
fino all’osso. Strappami questa faccia infame,
obbligami a gridare finalmente il mio vero nome.

Julio Cortazar, da Le ragioni della collera, Edizioni Fahrenheit 451, traduzione di G. Toti

 

*ascoltando l’altrettanto graffiante voce di Janis Joplin in Kozmic Blues https://www.youtube.com/watch?v=nLN72sR9w0M

A proposito di sogni

Io non conosco la ricetta (quella veramente, ma veramente efficace) per fare sogni belli, e tu? In attesa di suggerimenti condivido una definizione di ‘sogno’ molto poetica:

 

 

Il sogno

Il sogno, questa neve dolce
che bacia il viso, lo erode fino a trovarvi
sotto, sostenuto da fili musicali,
l’altro che si sveglia.

Julio Cortazar, da Le ragioni della collera, Fahrenheit 451, 2018, traduzione di Gianni Toti

 

°ascoltando Tom Petty And The Heartbreakers – Runnin’ Down A Dreamhttps://www.youtube.com/watch?v=Y1D3a5eDJIs

Come… come… come che cosa?

Due poesie diversissime tra loro per stile ed epoca,
ma due similitudini ugualmente fulminanti ed efficaci

***

Non credo di amarti
soltanto amo l’impossibilità
così ovvia di amarti
come la mano sinistra
è innamorata del guanto
che vive sulla destra.

*

Creo que no te quiero,
que solamente quiero la imposibilidad
tan obvia de quererte
como la mano izquierda
enamorada de ese guante
que vive en la derecha.

Julio Cortázar , da Altre cinque poesie per Cris, in Salvo il crepuscolo, 1984

***

Io se ne avessi la destrezza canterei
proprio come
il petalo di ciliegio che cade

Matsuo Bashō (Ueno, 1644 – Ōsaka, 1694), da Amore e orzo, Acquaviva, 2005, traduzione di Cantaro Nishida e Giuseppe D’Ambrosio Angelillo

°ascoltando Neil Young – Like a Hurricanehttps://www.youtube.com/watch?v=LDyTcDqW7kU

Lista delle cose da fare: 13 – continuare a salire la scala

Ma come si sale una scala?

Uno scalino alla volta

(anche se, come in certi brutti sogni, ti sembra impossibile poterlo fare).

***

(…) Per salire una scala si comincia sollevando la parte del corpo situata in basso a destra, avvolta quasi sempre nel cuoio o nella pelle e che, salvo eccezioni, ci sta giusta sullo scalino. Posta sul primo gradino la suddetta parte, che per farla breve chiameremo piede, si raccoglie la parte equivalente del lato sinistro (chiamata anche questa piede, che non deve confondersi però con il piede sopra citato), e alzandola all’altezza del piede si prosegue sino a collocarla sul secondo gradino, in cui defaticherà il piede mentre nel primo riposerà il piede. (I primi gradini sono sempre i più difficili, finché non viene raggiunta la coordinazione necessaria. La coincidenza del nome tra il piede e il piede rende difficile la spiegazione. Allo stesso modo faccia attenzione a non alzare in contemporanea il piede e il piede.)

Arrivato in questo modo al secondo gradino, è sufficiente ripetere in maniera alternata il movimento fino a trovarsi in fondo alla scala. Si esce da questa facilmente, con un leggero colpo di tallone che la fissa al suo posto, da cui non si muoverà fino al momento della discesa. (…)

Julio Cortázar (Ixelles, 1914-1984),  da Storie di cronopios e di famas

°ascoltando Maurice Ravel, Bolerohttps://www.youtube.com/watch?v=r30D3SW4OVw

Facciamo i bravi!

come gian burrasca

Copertina de Il giornalino di Gian Burrasca, di Vamba (Luigi Bertelli, Firenze, 1858-1920)

Qual è il tuo grado di bravobambinitudine?

Il bravo bambino

Non saprò sfilarmi le scarpe e lasciare che la città
morda i miei piedi,
non mi ubriacherò sotto i ponti, non avrò cadute
di stile.
Accetto questo destino di camicie stirate,
arrivo puntuale ai cinema, lascio il mio posto alle signore.
II grande sconvolgimento dei sensi non mi va, scelgo
il dentrificio e le tovagliette. Mi vaccino.
Guarda che misero amante, incapace di gettarsi in una fonte
per portarti un pesciolino rosso
tra lo sdegno di gendarmi e badanti.

***
El niño bueno

No sabré desatarme los zapatos y dejar que la ciudad
me muerda los pies,
no me emborracharé bajo los puentes, no cometeré faltas
de estilo.
Acepto este destino de camisas planchadas,
llego a tiempo a los cines, cedo mi asinto a las señoras.
El largo desarreglo de los sentidos me va mal, opto
por el dentífrico y las toallas. Me vacuno.
Mira qué pobre amante, incapaz de meterse en una fuente
para traerte un pescadito rojo
bajo la rabia de gendarmes y niñeras.

Julio Cortázar (scrittore, poeta, critico letterario, saggista e drammaturgo argentino naturalizzato francese – Ixelles, Belgio 1914 – Parigi 1984), da Pameos y meopas, 1971

Il disamore

blablablabla

Se l’alchimia dell’amore è incomprensibile,
quella del disamore lo è altrettanto.
Ma è molto meno simpatica.

Il disamore non è mai reciproco.
Uno dice che l’amore è finito,
l’altro è sempre un po’ stupito.

Franco Arminio, da L’infinito senza farci caso – Poesie d’amore, Bompiani, 2019

°°°

Bolero

Che vanità immaginare
che posso darti tutto, l’amore e la felicità,
viaggi, musica, giocattoli.
Certo è così:
tutto quel che ho te lo do, certo,
ma tutto quel che ho non ti basta
come a me non basta
tutto il tuo.
Per questo non saremo mai
la coppia perfetta, la cartolina,
se non siamo in grado di accettare
che solo in aritmetica
il due nasce da uno più uno.
Perciò ecco un bigliettino
che dice solo:
Sei sempre stata il mio specchio,
Voglio dire che per vedermi devo guardare te.

E questo frammento:
La lenta macchina del disamore
gli ingranaggi del riflusso
i corpi che abbandonano i cuscini
le lenzuola i baci
e in piedi davanti allo specchio si domandano
ognuno a se stesso
e senza guardarsi
non nudi l’uno per l’altra
io non ti amo,
amore mio.

Julio Cortázar, da Salvo el crepúsculo, 1985

*ascoltando Manu Chao – Je ne t’aime plus https://www.youtube.com/watch?v=Qn6IBCYVQAY

“Non chiedo molto”

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Guarda, non chiedo molto,
solamente la tua mano, tenerla
come una piccola rana che così dorme contenta.
Io ho bisogno di questa porta che aprivi
perché vi entrassi, nel tuo mondo, questo pezzetto
di zucchero verde, di tonda allegria.
Non mi presti la mano questa notte
di fine d’anno, di civette rauche?
Tu per ragioni tecniche non puoi. Allora
io la tesso nell’aria, ordendo ogni dito,
e la pesca setosa della palma
e il dorso, questo paese d’alberi azzurri.
Così la prendo così la sostengo, come
se da ciò dipendesse
moltissimo del mondo,
il succedersi delle stagioni,
il canto dei galli, l’amore degli uomini.

°°°

Mira, no pido mucho,
solamente tu mano, tenerla
como un sapito que duerme así contento.
Necesito esa puerta que me dabas
para entrar a tu mundo, ese trocito
de azúcar verde, de redondo alegre.
¿No me prestás tu mano en esta noche
de fìn de año de lechuzas roncas?
No puedes, por razones técnicas.
Entonces la tramo en el aire, urdiendo cada dedo,
el durazno sedoso de la palma
y el dorso, ese país de azules árboles.
Asì la tomo y la sostengo,
como si de ello dependiera
muchísimo del mundo,
la sucesión de las cuatro estaciones,
el canto de los gallos, el amor de los hombres.

31/12/1951

Julio Cortázar (Ixelles, 1914- Parigi 1984), da Pameos y Meopas, Barcellona, 1971

*ascoltando Steve Vai – Hand On Heart https://www.youtube.com/watch?v=-vUaA7xLhY8

In bicicletta (fuori tema n. 9)

bicicletta

Ieri sono stata rimproverata. Ho attraversato sulle strisce pedonali di un mini attraversamento (quattro strisce  bianche  in tutto), dopo aver aspettato diligentemente e un po’ in disparte  che le macchine si fermassero e lasciassero passare me e altre tre persone in attesa. Ma io ero in bicicletta e NON sono scesa per attraversare! E una signora che aspettava dall’altra parte mi ha ripreso, con tanto di dito puntato, dicendo: “Non si attraversa sulla bici!” Ed è verissimo! Bisogna sempre smontare dalla bicicletta, perché altrimenti non  si è pedoni, e potremmo creare confusione e quindi diventiamo un pericolo, anche per noi stessi. Chiedo venia! (E, magari, anche un briciolo di elasticità!… Si scherza eh!). In ogni caso andrei in bicicletta ovunque, anche in banca, potendo. Ma…

Vietato introdurre biciclette

Nelle banche e nei negozi di tutto il mondo a nessuno importa un fico secco che qualcuno entri con un cavolo sotto il braccio o con un tucano o che dalla sua bocca si snodino come un nastro le canzoni che insegnò la mamma, oppure che conduca per mano uno scimpanzé in maglietta a righe. Ma non appena una persona entra con una bicicletta tutti si agitano, e il veicolo è espulso violentemente in strada mentre il suo proprietario deve subire gl’indignati rimproveri degli impiegati.

Per una bicicletta, ente docile e dal comportamento modesto, costituisce una umiliazione e una beffa la presenza dei cartelli che le sbarrano il passo ad ogni bella porta di cristallo della città. È noto che le biciclette hanno cercato con tutti i mezzi di ovviare a questa loro triste condizione sociale. Però in tutti i paesi assolutamente della terra è proibito introdurre biciclette. Alcuni aggiungono «e cani», precisazione che raddoppia nelle biciclette e nei cani il complesso d’inferiorità. Un gatto, una lepre, una tartaruga possono legalmente entrare da Bunge & Born o negli studi degli avvocati di corso San Martín senza suscitare altro che sorpresa, somma delizia fra le telefoniste ansiose o al massimo un ordine al portiere di sbattere fuori i suddetti animali. Può accadere anche questo, ma non è cosa umiliante, innanzi tutto perché rappresenta una probabilità tra molte altre, e poi perché scaturisce come effetto di una causa e non da una fredda macchinazione preordinata, orribilmente impressa su targhe di bronzo o di smalto, tavole dell’inesorabile legge che umilia la semplice spontaneità delle biciclette, creature innocenti.

Ad ogni modo, attenti a quel che fate, direttori! Anche le rose sono ingenue e dolci, ma forse sapete che in una guerra di due rose perirono principi ch’erano un nero fulmine, accecati da petali di sangue. Non vi accada che le biciclette si destino un giorno irte di spine, che le manopole del loro manubrio si rizzino disponendosi per l’attacco, che corazzate di furore assaltino a legioni i cristalli delle compagnie di assicurazione, e che il ferale giorno si chiuda con un tracollo in borsa, con un lutto di ventiquattro ore, e biglietti listati di nero con cui la famiglia commossa ringrazia.

Jiulio Cortázar, da Storie di Cronopios e di Famas, traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini

* ascoltando Queen – Bicycle Race
https://www.youtube.com/watch?v=GugsCdLHm-Q