Il giorno rubato

senza parole

30 febbraio

Senza contare le periodiche misteriose scomparse del 29 febbraio
ogni anno in amore
ci depredano di un giorno.

Quand’ero giovane non ne tenevo conto,
anche senza quello
c’erano abbastanza sabati e mercoledí.

Oggi per me è importante ogni giorno
in cui ti posso guardare.

Il nostro feudo
che si estendeva per cinquant’anni di futuro
si è ridotto ad un piccolo podere contadino.

[1976]

 Izet Sarajlić, da Chi ha fatto il turno di notte, Einaudi, 2012

*ascoltando Sigur Rós – Untitled 3 https://www.youtube.com/watch?v=UeuvegBZFuM

Un filo per ogni ferita

adieu

Anche se può sembrare impossibile, prima o poi ogni ferita si cicatrizza.

 

Le cicatrici

Non c’è cicatrice, per quanto brutale paia,
che non racchiuda bellezza.
Una precisa storia si narra in essa,
un qualche dolore. Ma anche la sua fine.
Le cicatrici, allora, sono le cuciture
della memoria,
una finitura imperfetta che sana
danneggiandoci. La forma
che il tempo trova
di non dimenticare mai le ferite.

°°°

Las cicatrices

No hay cicatriz, por brutal que parezca,
que no encierre belleza.
Una historia puntual se cuenta en ella,
algún dolor. Pero también su fin.
Las cicatrices, pues, son las costuras
de la memoria,
un remate imperfecto que nos sana
dañándonos. La forma
que el tiempo encuentra
de que nunca olvidemos las heridas.

Piedad Bonnett (Colombia, 1951),  da Explicaciones no pedidas, Visor, 2011

 

*ascoltando Leonard Cohen – Come Healing https://www.youtube.com/watch?time_continue=3&v=AA9VExCEV_k

Di paure e angeli custodi

 

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Eine Kleine Nachtmusik

Io non ho mai letto il volo degli uccelli,
né interrogato le pietre per sapere
se hanno duecento o mille anni.
È vero: qualche volta ho avuto paura.
Ma sapevo che ciò che deve accadere accadrà
e non ho avuto più paura.
Il mio terapeuta dice che dovrei convincermi
che bene, oggi è così.
Lo dice sempre quando sono passati
i quarantacinque minuti della seduta
e dopo di me c’è un altro.
Disposto dopo quarantacinque minuti
a convincersi fosse solo per la cifra che paga
che bene, oggi è così.
Il fatto è che essere stupidi non è poi così facile:
se lo sei lo sei e non lo sai.
Ma se lo sai, questo da solo è una prova
che non lo sei e allora sei in un circolo vizioso:
vai avanti e vai indietro e sei sempre là.
Allo stesso posto.
Da più di quaranta anni.
A fare scongiuri,
sortilegi,
piccole e mediocri magìe
per convincerti che se tu lo volessi
potresti essere altrove ma sei sempre là.

A fare trallalà e trallaqua.

Mentre conti i giorni
che sono sempre 365 in un anno.
E 30 in un mese,
e 7 in una settimana,
e ogni giorno se ne va dopo 24 ore,
e ogni ora dopo 60 minuti,
e ogni minuto dopo 60 secondi.
Così che se li conti tutti,
gli anni e i mesi e le settimane
i giorni e le ore e i minuti e i secondi,
finisci che perdi il conto,
finisci che la sera t’aspetti per davvero
che sia il tuo angelo custode
a prendersi custodia di te
e ti protegga dal male che c’è nell’universo e in te,
e dall’urgenza di dimostrare poi a chi sa chi
che c’eri anche tu perdio,
che poi non volevi molto,
solo quanto basta a non stare male,
e che hai fatto di tutto per esserlo,
e consentire al tuo angelo custode
di essere un angelo
anche se poi è solo un angelo di terza categoria,
di quelli che incontri al bar o al supermercato,
quando hai bisogno sì bisogno
di vederlo un angelo,
e allora ha la faccia di una commessa
dalle tette che non sai
se sono in vendita anche quelle,
ha la faccia del primo e/o della prima
che si mostra sensibile ai casi tuoi e ai cazzi suoi
ha la faccia che deve avere un angelo,
che se continua a fare il tuo angelo custode
è solo perché non sa
che c’è sempre qualcuno che prima o poi
si stanca di aspettare che il suo angelo
se lo porti in paradiso, e se ne va
in paradiso o anche all’inferno,
senza dire bye bye,
senza biglietti lettere o testamenti,
se ne va e basta,
se ne va perché bene, oggi è così,
se ne va perché ha letto il volo degli uccelli
e ha saputo dalle pietre
che cento o mille o un milione di anni
non sono altro che il battito di ciglia di un dio
che tutto sommato è meglio
che rimanga da solo a fare dio
e contare quanto rimanga ancora al nuovo bing bang,
all’istante in cui potrà provarsi un’altra volta
a costruire il migliore dei mondi possibili.

Luther Blissett, eteronimo di Emilio Piccolo (Acerra, 1951-2012), da Beatrice – My heart is full of troubles, Dedalus, 1999

*ascoltando Ben Harper – Waiting On An Angel https://www.youtube.com/watch?v=1ej4ZjMF0Ns

(ancora di angeli, più o meno custodi, qui: https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2019/03/07/dove-langelo/ https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2018/05/25/un-angelo-alternativo/ https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2016/07/22/angelo/ ).

Ricordi preziosi

 

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Quali sono i souvenir più preziosi che il tempo ti ha regalato?

Ciascuno
porta un ricordo palpabile,
un sasso, una libellula disseccata,
un pezzo di legno di una nave
naufragata da tempo.
Ciascuno
porta il proprio tempo
tra le ciglia,
un dolore accumulato
tra le cornici dell’esistenza.

Carmen Yanez (Santiago del Cile, 1952), da Latitudine dei sogni, Guanda 2013,  traduzione di Roberta Bovaia

*ascoltando David Gilmour – Castellorizon https://www.youtube.com/watch?v=-yf85whLpUU<

Parole di luce

gocce

Questo tempo

Queste sono le stelle della poesia
Troppo belle per essere vere
Sulle colline
E nella baia colma fino al limite.

E questa, l’ultima moneta
Il morto scambio –
Il silenzio.

Hai svitato le orecchie?
Le hai messe a posto per bene?
No. Sturale.
Non sei spirito.
Ascolta.
La rugiada si raccoglie sul bordo e
Gocciola. Gocciola
sulle foglie brinate.

Ogni minuscolo
cristallino vocabolo
parla del tempo.

Contali.
Considerarti fortunato.

°°°

This Time

These are the stars of poetry
Too good to be true
Over the hills
And in the brim-full bay;

And this, that ultimate coin
The dead exchange –
Silence.

Unscrew your ears?
Put them away for good?
No. Unstop them.
You’re not a spirit.
Listen.
Dews gather at an edge and
drop. Drop
On frosted blades.

Even such small
Crystalline vocables
Tell time.

Count them.
Count yourself lucky.

C. K. Stead (1932, Auckland, Nuova Zelanda), from Straw Into Gold, Poems New & Selected (Auckland University Press, 1997)

*ascoltando The Jeff Beck Group – Morning Dew https://www.youtube.com/watch?v=_AsHvTZASFk

All’indietro

tempo

 

 

Dovremmo

Dovremmo nascere vecchi,
già dotati d’intelletto,
capaci di scegliere la nostra sorte in terra,
quali sentieri si avviano dal crocevia d’origine
e irresponsabile sia solo il desiderio di andare avanti.
Poi, andando, ringiovanire, ringiovanire sempre più,
maturi e forti arrivare alla porta della creazione,
varcarla e nell’amore entrando adolescenti,
essere ragazzi alla nascita dei nostri figli.
Sarebbero più vecchi di noi comunque,
ci insegnerebbero a parlare, per addormentarci ci cullerebbero,
e noi scompariremmo sempre più, divenendo sempre più piccoli,
come un chicco d’uva, come un pisello, come un chicco di grano…

°°°

Ar trebui

Ar trebui să ne naştem bătrâni,
Să venim înţelepţi,
Să fim în stare de-a hotări soarta noastră în lume,
Să ştim din răscrucea primară ce drumuri pornesc
Şi iresponsabil să fie doar dorul de-a merge.
Apoi să ne facem mai tineri, mai tineri, mergând,
Maturi şi puternici s-ajungem la poarta creaţiei,
Să trecem de ea şi-n iubire intrând adolescenţi,
Să fim copii la naşterea fiilor noştri.
Oricum ei ar fi atunci mai bătrâni decât noi,
Ne-ar învăţa să vorbim, ne-ar legăna să dormim,
Noi am dispărea tot mai mult, devenind tot mai mici,
Cât bobul de strugure, cât bobul de mazăre, cât bobul de grâu…

Ana Blandiana (Timisoara, 1942), da Il tallone vulnerabile, 1966, traduzione di Biancamaria Frabotta

*ascoltando Carole King – Goin’ Back https://www.youtube.com/watch?v=cS3SEvW-0dA

Un tiranno

orologio

L’orologio: viene voglia di farne a meno…

“Pensa a questo: quando ti regalano un orologio, ti regalano un piccolo inferno fiorito, una catena di rose, una cella d’aria. Non ti danno soltanto l’orologio, tanti, tanti auguri e speriamo che duri perché è di buona marca, svizzero con àncora di rubini; non ti regalano soltanto questo minuscolo scalpellino che ti legherai al polso e che andrà a spasso con te. Ti regalano – non lo sanno, il terribile è che non lo sanno -, ti regalano un altro frammento fragile e precario di te stesso, qualcosa che è tuo ma che non è il tuo corpo, che devi legare al tuo corpo con il suo cinghino simile a un braccetto disperatamente aggrappato al tuo polso. Ti regalano la necessità di continuare a caricarlo tutti i giorni, l’obbligo di caricarlo se vuoi che continui ad essere un orologio; ti regalano l’ossessione di controllare l’ora esatta nelle vetrine dei gioiellieri, alla radio, al telefono. Ti regalano la paura di perderlo, che te lo rubino, che ti cada per terra e che si rompa. Ti regalano la sua marca, e la certezza che è una marca migliore delle altre, ti regalano la tendenza a fare il confronto fra il tuo orologio e gli altri orologi. Non ti regalano un orologio, sei tu che sei regalato, sei il regalo per il compleanno dell’orologio”.

da Julio Cortázar, Preambolo alle istruzioni per caricare l’orologio da Historias de Cronopios y de Famas, Storie di cronopios e di famas, Einaudi, traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini

 

L’orologio

L’orologio, il dio sinistro, spaventoso e impassibile,
ci minaccia col dito e dice: Ricordati!
I Dolori vibranti si pianteranno nel tuo cuore
pieno di sgomento come in un bersaglio;

il Piacere vaporoso fuggirà nell’orizzonte
come silfide in fondo al retroscena;
ogni istante ti divora un pezzo di letizia
concessa ad ogni uomo per tutta la sua vita.

Tremilaseicento volte l’ora, il Secondo
mormora: Ricordati! – Rapido con voce
da insetto, l’Adesso dice: Sono l’Allora
e ho succhiato la tua vita con l’immondo succhiatoio!

Prodigo! Ricordati! Remember! Esto memor!
(La mia gola di metallo parla tutte le lingue).
I minuti, mortale pazzerello, sono ganghe
da non farsi sfuggire senza estrarne oro!

Ricordati che il tempo è giocatore avido:
guadagna senza barare, ad ogni colpo! È legge.
Il giorno declina, la notte cresce; ricordati!
L’abisso ha sempre sete; la clessidra si vuota.

Presto suonerà l’ora in cui il divino Caso,
l’augusta Virtù, la tua sposa ancora vergine,
lo stesso Pentimento (oh, l’ultima locanda!),
ti diranno: Muori, vecchio vile! È troppo tardi!

Charles Baudelaire, Spleen e ideale ne I fiori del male, traduzione di Claudio Rendina

* ascoltando Time – Pink Floyd