Nessuna paura

ciliegioinfiorepg

(Tutto continuerà)

 

Quando

Quando il mio corpo marcirà e io sarò morta
Continueranno il giardino, il cielo e il mare,
E come oggi ugualmente balleranno
Le quattro stagioni alla mia porta.
Altri in aprile passeranno nel frutteto
In cui tante volte sono passata,
Ci saranno lunghi ponenti sopra il mare,
Altri ameranno le cose che io ho amato.
Sarà lo stesso splendore, la stessa festa,
Sarà lo stesso giardino alla mia porta,
E i capelli dorati della foresta,
Come se io non fossi morta.

Sophia de Mello Breyner Andresen (Porto, 1919 – Lisbona, 2004), da Il giardino di Sophia (testo tratto da Giorno del Mare, 1947), Il ramo e la foglia Edizioni, Roma, in uscita a maggio 2022, cura e traduzione di Roberto Maggiani, postfazione di Claudio Trognoni

***

Quando

Quando o meu corpo apodrecer e eu for morta
Continuará o jardim, o céu e o mar,
E como hoje igualmente hão-de bailar
As quatro estações à minha porta.
Outros em Abril passarão no pomar
Em que eu tantas vezes passei,
Haverá longos poentes sobre o mar,
Outros amarão as coisas que eu amei.
Será o mesmo brilho, a mesma festa,
Será o mesmo jardim à minha porta,
E os cabelos doirados da floresta,
Como se eu não estivesse morta.

Sophia de Mello Breyner Andresen (testo tratto da Giorno del Mare, 1947)

°ascoltando Carlos Paredes – Nas Asas da Saudade
https://www.youtube.com/watch?v=bj9XCJiYdo0

Una favola antica

crepuscolo

Il cielo è sempre un bel libro da leggere (e rileggere)

 

Ogni pino al crepuscolo
alberga l’uccello
della sua voce
perpendicolare e immobile
la foresta
indifferente alla storia
senza lacrime come la pietra
ripete
con tremula eccitazione
l’antica favola
del sole che muore.

John Berger, da E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto, traduzione di Maria Nadotti, Il Saggiatoere Editore, 2020

 

Oggi alberi

frst

Avvertenza ai naturalisti

Chi apre
questo libro
rischia grosso:
dai piedi potrebbero
spuntare radici, dalle mani
fronde di carpino o corbezzolo.
Potrebbe incontrare se stesso, in un
sogno, o svegliarsi con l’obbligo di discernere
fra opportunità e verità, a proprio svantaggio.
La natura non ha nulla di buono,
essa opera e distribuisce, si
rinnova nel sangue dei
vinti. Siamo nervi e
sentimenti che un
soffio leggero può
confondere, o l’ombra di
una nube nascondere. La natura
umana non è la roccia, è il fruscio
del volo d’un cardellino

Tiziano Fratus, Poesie creaturali – Un bosco in versi,  Libreria della Natura (2019)

°°°

Di boschi, foreste e altro

ma noi dovevamo costruire una foresta
dove metterci tutte le cose
che in un altro angolo del pianeta ci starebbero strette
alberi con le foglie a sfidare il sole come le parole dei poeti
e fiumi biblici di acque fonde come i tuoi occhi
e uccelli leggiadri e violenti
come la vita che se ne va tra amori e dolori senza senso

ma noi dovevamo costruire una foresta
dove nessun grillo parlante
venisse a suggerirci con discrezione e violenza
strade autostrade e percorsi alternativi dove non ci fossero
preti gesuiti marxisti in odore di santità
laburisti esperti di filosofia e astronomia
uomini di est e di sud-est
dove nessuno, dico nessuno,
si permettesse di pensare
che a renderla vivibile una foresta
macdonald ci vogliano e atéliers case eleganti e ben pulite
letti con le lenzuola fresche di bucato e di scopate
scuole che ti insegnino a morire un libro dopo l’altro
e ospedali dove ti rubano anche la morte

ma noi dovevamo costruire una foresta
non un orticello dove coltivarci zucche patate e un po’ di pomodori
e stare seduti a guardare il tramonto e la vita che passa
come i fraticelli che aspettano l’eterno
e un dio che se c’è c’è, e son cazzi suoi
una foresta dove, amore, la morte non è la fine di tutto

Luther Blissett, eteronimo di Emilio Piccolo (Acerra, 1951-2012), da Beatrice – My heart is full of troubles, Dedalus, 1999

°°°

Gli alberi

Parlano poco gli alberi, si sa.
Passano tutta la vita meditando
e muovendo i loro rami.
Basta guardarli in autunno
quando si riuniscono nei parchi:
soltanto i più vecchi conversano,
quelli che donano le nuvole e gli uccelli,
ma la loro voce si perde tra le foglie
e assai poco percepiamo, quasi niente.

È difficile riempire un piccolo libro
coi pensieri degli alberi.
Tutto in essi è vago, frammentario.
Oggi, ad esempio, mentre ascoltavo il grido
di un tordo nero, di ritorno verso casa,
grido ultimo di chi non attende un’altra estate,
ho capito che nella sua voce parlava un albero,
uno dei tanti,
ma non so cosa fare di quel grido,
non so come trascriverlo.

Eugenio Montejo (Caracas, 1938-2008), da Algunas palabras, 1976  in La lenta luce del tropico-Antologia poetica, Le Lettere, 2006, traduzione di Luca Rosi

*ascoltando Agnes Obel – Under Giant Trees https://www.youtube.com/watch?v=GjXKU-yo_Vg