Vale la pena di…

life

“(…) L’unico sogno che vale la pena di vivere è vivere finché si è vivi
e morire solo quando si è morti (…)”

 

Essere pienamente vivi nel nostro mondo così com’è.
Mettersi vicino a coloro per i quali questo mondo è diventato intollerabile e ascoltarli.
L’unico sogno che vale la pena di vivere è vivere finché si è vivi
e morire solo quando si è morti.
Cosa significa esattamente?
Amare. Essere amati.
Non dimenticare mai la propria insignificanza.
Non abituarsi mai alla violenza indicibile
e alla volgare disparità della vita che ci circonda.
Cercare la gioia nei luoghi più tristi,
inseguire la bellezza là dove si nasconde.
Non semplificare mai quello che è complicato
e non complicare quello che è semplice.
Rispettare la forza, mai il potere.
Sopratutto osservare. Sforzarsi di capire.
Non distogliere mai lo sguardo.
E mai, mai dimenticare.

John Berger (1926-2017), dall’introduzione a cura di Maria Nadotti di Modi di vedere, (traduzione di M. Nadotti), 2015, Bollati Boringhieri

In bicicletta

 

pedala

Frasi (dis)fatte
quando diciamo coraggio pedala,
l’hai voluta tu la bicicletta
non siamo empatici
– simpatici di meno –
ché la bicicletta in molti casi è 
il solo mezzo per  andare avanti

Irene Marchi, da Dimmi come stai, Cicorivolta Editore, 2022

Ricerche

foglie

 

Oggi

Oggi mi sono svegliato fuori di me
e sono uscito a cercarmi.

Ho percorso strade e sentieri
finché non mi sono trovato.

Seduto su un lembo di muschio
ai piedi di un cipresseto
a conversare con la nebbia
cercando di dimenticare
quello che non posso.

Ai miei piedi,
foglie, solo foglie.

***
Hoy

Hoy amenecí fuera de mí
y salí a buscarme.

Recorrí caminos y veredas
hasta que me hallé.

Sentado sobre un borde de musgo
al pie de una cipresalada,
platicando con la neblina
y tratando de olvidar
lo que no puedo.

A mis pies,
hojas, sólo hojas.

Humberto Ak’abal (Totonicapán, Guatemala, 1952), traduzione di Emanuela Jossa, fonte: http://www.casadellapoesia.org/ e https://www.potlatch.it/

ascoltando Autumn leaves (Miles Davis) https://www.youtube.com/watch?v=rsz6TE6t7-A

(Altri che si sono persi e altri tentativi di ritrovarsi, qui: https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2020/05/26/indicazioni-confuse/
https://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/10/07/nel-labirinto/)

Piani di scrittura

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Doppia dose di poesia, oggi, dato che ci sono dei versi che ne promettono altri (e altrettanto belli!).

Un giorno ti scriverò una poesia che non parli del cielo o della notte;
una poesia che ometta i nomi dei fiori, che non abbia gelsomini o magnolie.
Un giorno ti scriverò una poesia senza uccelli, senza sorgenti, una poesia che ignori il mare
e che non guardi le stelle.
Un giorno ti scriverò una poesia che si limiti a passare le dita sulla tua pelle
e che trasformi in parole il tuo sguardo.
Senza similitudini, senza metafore; un giorno scriverò una poesia che profumi di te,
una poesia al ritmo dei tuoi battiti, con l’intensità della stretta del tuo abbraccio.
Un giorno ti scriverò una poesia, il canto della mia felicità.

***

Algún día te escribiré un poema que no mencione el aire ni la noche;
un poema que omita los nombres de las flores, que no tenga jazmines o magnolias.
Algún día te escribiré un poema sin pájaros ni fuentes, un poema que eluda el mar
y que no mire a las estrellas.
Algún día te escribiré un poema que se limite a pasar los dedos por tu piel
y que convierta en palabras tu mirada.
Sin comparaciones, sin metáforas, algún día escribiré un poema que huela a ti,
un poema con el ritmo de tus pulsaciones, con la intensidad estrujada de tu abrazo.
Algún día te escribiré un poema, el canto de mi dicha.

Darío Jaramillo Agudelo (Santa Rosa de Osos, Colombia, 1947), da Poemas de amor, 1986, traduzione di Martha Canfield in http://www.filidaquilone.it/index.html

AAA cercasi poetastronomi

cercadistarebene

Hai mai trovato frammenti di poesia sul tuo balcone?
E se sì, che cosa ne hai fatto?

È successo ancora, anche questa volta
è transitata non distante dalla terra,
visibile a occhio nudo, senza cannocchiale.
Accade ogni imprevedibile numero di anni,
la poesia ha traiettorie solo a posteriori,
è un asteroide disperso, non monitorato.
Non esplode, non fa danni, lascia polvere
di versi sui balconi e torna nel buio siderale.

Andrea Bajani, da Dimora naturale, Einaudi, 2020

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Te li ricordi gli animali?

disegni di marta

 Un rimedio per l’insonnia e una bella domanda:

I.

A notte fonda, se non funziona
la pastiglia, guardo gli animali
sullo schermo del computer.
Mi calmano le ali, la savana,
lo sterno carenato degli uccelli.
Aspetto gli sbadigli dei felini
quelli docili dei gatti soprattutto.
Dopo sbadigliando torno a letto.

2.

Come mai di colpo poi spariscono
senza dare spiegazioni, come mai
nessuno vuole più sentire il verso
del cavallo, nessuno dice più nitrito,
raglio, nessuno vuole più un barrito.
Sono grandi glaciazioni, gli animali
se ne vanno dalle case nottetempo.
Ci si sveglia e non c’è più l’infanzia.

Andrea Bajani, da Dimora naturale, Einaudi, 2020

Ho perso il conto

mylifeisdifferent

Ti sei mai sentit* inadeguat*, divers*, dissonante, sradicat*?
Io sì, un sacco di volte (ne ho perso il conto).

Cos’é la Terra? Erba
aria folate erba
fruscio contesa
fra radicati e sradicati.
E tu fra i due chi sei?
 
Anna Maria Carpi, da  L’asso nella neve – Poesie 1990-2010

***

Felice chi è diverso
essendo egli diverso
Ma guai a che è diverso
essendo egli comune.

Sandro Penna, da Appunti, 1950

 

Stranieri

“Straniero, se tu passando mi incontri e desideri parlare con me, perché non dovresti parlarmi? E perché io non dovrei parlare con te?”

Walt Whitman, da Inscriptions in Leaves of Grass

stranieri

Dedicato a chi si sente (spesso) sradicato, diverso, strano, straniero rispetto al mondo in cui vive e talvolta straniero anche a sé stesso.  (Siamo almeno in due?)

 

Cos’é la Terra? Erba
aria folate erba
fruscio contesa
fra radicati e sradicati.
E tu fra i due chi sei?
 
Anna Maria Carpi, da  L’asso nella neve – Poesie 1990-2010

 

VII
 
Non saprei, Donzel,
fatica, non saprei
affanno e quello scalpitare
e quel tacermi dentro
 
nel secco scricchiolio
delle costole e lo sforzo
gemello delle gemme
le prime, a febbraio;
 
non saprei nel sangue
né il caldo del camminare
né il fresco gocciolio della sosta
 
non saprei nient’altro
di me se non sapessi
di me che sono straniero.
 

No savarès Donzel
fadìe, no savarès
l’imbast e chel daspâ
e chel tasêmi dentri

intal sec criçulâ
des cuestis, e il zimul
sfuarçâ da lis zimis
lis primis, a Fevrâr;

no savarès tal sanc
nì il cjalt dal cjaminâ
nì il fresc gotâ de polse

no savarès nuealtri
di me se no savès
di me che o soi forest.

Pierluigi Cappello, da Il me Donzel, in Azzurro elementare, Bur, 2013

*ascoltando Eugenio Finardi – Extraterrestre https://www.youtube.com/watch?v=jgaEOzGWg8Y