In bianco e nero

Certi ricordi.

Luminosi sempre.

 

Vecchia fotografia (1940 circa)

Dietro di te il mare muore, in bianco e nero.
Di spalle alle onde,
catturi la luce
di un lento tramonto,
negli ultimi giorni d’estate.
Sorridi e ci guardi intensamente:
irradi giovinezza. Di più: l’allegria,
la felice pienezza di quell’istante
scolpito nella luce, come il tuo corpo.
Sappiamo che verranno, che sempre arrivano
il tempo e la sua schiera di disgrazie.
Eppure quella luce, quello sguardo.
Sulla fragile carta
quell’adesso è già sempre.

César Rodríguez De Sepúlveda, da Luz del instante, Ommpress Bookcrafts, 2020; traduzione di Emanuela Breda

***

Vieja fotografía (circa 1940)

Tras de ti muere el mar, en blanco y negro.
De espaldas a las olas,
acaparas la luz
de un lento atardecer,
en los últimos días del verano.
Sonríes y nos miras fijamente:
irradias juventud. Más: la alegría,
la feliz plenitud de aquel instante
esculpido en la luz, como tu cuerpo.
Sabemos que vendrán, que vienen siempre
el tiempo y su cohorte de desgracias.
Sin embargo, esa luz, esa mirada.
Sobre el frágil papel
ese ahora es ya siempre.

César Rodríguez De Sepúlveda, da Luz del instante, Ommpress Bookcrafts, 2020; traduzione di Emanuela Breda

°ascoltando Al Di Meola – “Yesterday” –https://www.youtube.com/watch?v=14TqOqhcd-k

Di treni e di sogni

trenino di latta

Sei alla stazione.
L’altoparlante avverte che è in arrivo un treno… dal passato, forse da un sogno.
Chi stai aspettando?

***

Stazione centrale

Mentre dormo un sonno profondo,
silenzioso e lunghissimo arriva il tuo treno
Lo vedo inclinarsi mentre inizia a curvare
E già avverto nell’aria un sapore antico

Non ti aspettavo, quasi non ti riconoscevo
Mi hai lasciata fatina blu con le stelline d’oro
La mia bacchetta magica, ormai, non funziona più

Mi sorridi, mi carezzi il viso.
E tutti i baci che non mi hai dato?
E quel gioco che non abbiamo mai finito?

Sibila forte il vento là fuori
Le porte si chiudono, i miei occhi si aprono
Stavo d’incanto seduta sulle tue ginocchia
Ti pettinavo, ti annusavo, ti adoravo

Ma dimmi, quando torni?

Maria Grazia Casagrande, da Le ginocchia sbucciate, L’Harmattan Italia editore, 2005

°ascoltando Yo-Yo Ma – Bach: Cello Suite No. 1 in G Major, Préludehttps://youtube.com/watch?v=1prweT95Mo0&feature=share

Che cosa c’inventiamo?

Può succedere a tutti: pensiamo di aver avuto una bella intuizione, un’idea fantastica, ma in realtà ci manca proprio l’elemento basilare per la sua realizzazione…
(bisognerà modificare qualcosa).

 

Invenzione

Ho trovato! ho trovato!
Cosa ho trovato? Indovina!
Ho inventato una lampadina
che si accende con il sole.
Il sole è forte quanto basta,
la lampada è potente quanto basta,
è andata male, ahimè, una cosa sola…

il filo non mi basta.

Shel Silverstein (Chicago, 1930-1999), da Strada con uscita – Poesie e disegni, Salani Editore, 1994, traduzione di Danilo Bramati e Luigi Spagnol

♣ ascoltando Pete Seeger – Adam the Inventor https://www.youtube.com/watch?v=BXDHIJZVdSI

 

 

Non affiliamo i coltelli!

knives

Meglio, molto meglio non affilare i coltelli.

Ciò che si ama senza sapere

A volte divento così romantico e appassionato
col nessuno che ameremmo
che per resistere alla voraginosa assenza di lei
mi addormento, di colpo, quasi svenendo,
perché ciò che si ama senza sapere che esiste
è un coltello nel letto.

Franz Krauspenhaar, da  Capelli struggenti, Marco Saya Editore, 2016

***

Coltello

Me ne vo con un gran coltello infisso
nel petto, il manico fuori.
Me ne vado tranquilla e bianca. Un vigile
col fischio mi richiama: – Il coltello,
mi grida, il coltello! –
Par proprio che la lama
superi le misure della legge.
Così mi fermo e pago
l’ennesima contravvenzione.

Daria Menicanti, da Poesie per un passante, 1978

ascoltando Dire Straits – Six Blade Knife https://www.youtube.com/watch?v=84q8boe3xGY

Fine settembre. Di nuovo

èdinuovoottobreCom’è andato questo tuo settembre?  Questo mese bellissimo e un po’ bugiardo (ché non sempre mantiene tutte le sue promesse). Ma il profumo delle mele nuove, quello sì: quello ritorna sempre.

 

Lascio la camera com’era quando era nei tuoi occhi,
incontrarti è il sapore che trattengo nel sorso di caffè.

Tra il piacere e quel che resta del piacere
il mio corpo sta come un posto dove si piange
perché  non c’è nessuno.

Un giorno settembre era limpido e ventoso
il silenzio ammutoliva, la terra tornava al cielo.

Pierluigi Cappello, da Mandate a dire all’imperatore, Crocetti Editore, 2010

Mancano le rose

 

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Suite

È tutto di nuovo un dejà vu e ne sai sempre di meno.

Il giorno è andato come è andato,
poi s’è fatta sera. Questa sera di fine luglio,
che le cose sono come le lucciole sul mio terrazzo.
A intermittenza si riaccendono,
quasi a indicarmi una strada,
a dirmi: va’.
Poi di nuovo oscure. E ingombranti.
Àncore buttate giù dal passato che racchiudono.
La mia casa, questa, è fatta così.
Flessibile e statica. Protetta come una prigione.
O senza porte: non c’è bisogno di chiavi
e ci fa il tempo che fa fuori.
Ci sei stata tu, appena ieri.
E il letto è ancora sfatto, va bene.
E in una tazzina c’è ancora il tuo caffè.
Anche questo va bene.
Ma mi mancano le rose, sul terrazzo,
e vederti chinare su di esse, con attenzione,
per non pungerti le dita. E dopo offrirmene una,
perché vi affondi il naso tra i petali
e poi chiamarti, contro quello che avverrà, moglie,
finché posso, finché ho fiato, e mani buone
per scompigliarti i capelli e labbra tenere
per depositarvi un bacio dolce
come la rosa che mi hai regalato.

Luther Blissett, eteronimo di Emilio Piccolo (Acerra, 1951-2012), Beatrice – My Heart Is Full Of Troubles, Dedalus, 1999

*ascoltando Pat Metheny – Letter From Home https://www.youtube.com/watch?v=_5-pBkwyUxc

Istantanea della mancanza

porta

È una poesia o una fotografia?

Cena intima

Guardo dalla finestra nella notte
Guardo il parcheggio del palazzo

Vedo due luci che entrano
E si fermano di fianco alla mia auto

Accendo con attenzione le candele
e metto la tua canzone favorita

Però nessuno bussa alla porta

Nessuno bussa alla porta

***

Miro por la ventana en la noche
Miro el estacionamiento del edificio

Veo dos luces que entran
y se detienen junto a mi auto

Prendo con cuidado las velas
y pongo tu canción favorita

Pero nadie golpea la puerta

nadie golpea la puerta

Óscar Hahn (Chile, 1938), traduzione da Centro Cultural Tina Madotti Caracas https://cctm.website/oscar-hahn-chile-2/

*ascoltando Elmore James – The Sky Is Crying https://www.youtube.com/watch?v=u7ZC-kv8THk (o in questa versione https://www.youtube.com/watch?v=71Gt46aX9Z4 di Gary B.B. Coleman)


Un insolito complice

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Un insolito complice, discreto e silenzioso.

 

Solidarietà

Mi sono affezionata all’attaccapanni
perché riceve con umiltà
la tua giacca, la tua camicia, i tuoi pantaloni.
È il mio complice più fedele
perché bada con zelo ai tuoi abiti quando mi ami.
Non dice che li accarezzo mentre dormi
né che alle loro asole abbottono i miei sogni.
L’attaccapanni soffre con me
se stacchi i tuoi indumenti per andartene
a camminare senza grinze per le strade.

 

Solidaridad

Le he tomado cariño al perchero
pues percibe con humildad
tu saco, tu camisa, tus pantalones.
Es mi cómplice más firme
porque cuida celoso tus ropas cuando me amas.
No te dice que las acaricio mientras duermes
ni que en sus ojales abrocho mis sueños.
El perchero sufre conmigo
si descuelgas tus prendas para irte
a caminar sin arrugas por las calles.

Lucía Rivadeneyra, (poetessa messicana, Morelia, Michoacán, 1957), da Rescoldos, UAM-X, México, 1989

*ascoltando  Pink Floyd – Wish You Were Here https://www.youtube.com/watch?v=IXdNnw99-Ic

Mancanze

 mancano i fiori

La mancanza è un sentimento quasi subdolo: si finge sollecita e corre a occupare il vuoto che abita in noi. Ma il vuoto rimane comunque vuoto, anzi brucia di più. È come bere fuoco per calmare la sete.

Nessuna tu

Tante donne
e nessuna tu.
A Sarajevo
duecentomila donne
e nessuna tu.
In Europa
duecento milioni di donne
e nessuna tu.
Nel mondo
due miliardi di donne
e nessuna tu.

Izet Sarajlić, da Chi ha fatto il turno di notte, Giulio Einaudi Editore 2012.

 

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Eugenio Montale, in Satura, da Montale – Tutte le poesie, Mondadori, 1984

*  ascoltando Pink Floyd – Wish You Were Here (David Gilmour live https://www.youtube.com/watch?v=3j8mr-gcgoI)

ancora sulla mancanza http://lapoesianonsimangia.myblog.it/2017/06/26/il-vuoto/